L'Epilogo dei due stregoni

Ermes-Saruman

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    -Farastur, mio dolce amico, sei tornato! Non sai quanto sono felice di rivederti, come stai? Com’è andato il tuo viaggio? Raccontami tutto, io vado a stappare una bottiglia perché bisogna brindare al mio glorioso gufo messaggero!-

    Dunque il suo fedele Farastur, bellissimo gufo dalle penne bianche e dagli occhi come il sole al tramonto, era ritornato fiero della sua riuscita. Gli era spettato un compito molto arduo incamminarsi dalle gelide e deserte lande di Arnor per raggiungere Bosco Atro, attraversando a metà tutta la Terra di Mezzo.
    Ermes non aveva mai dubitato della riuscita del suo compito, ma temeva come un genitore per un figlio della sua incolumità. S’immaginava che sarebbe tornato con le ali malconce e il pelo strappato per via delle forti bufere che avrebbe dovuto affrontare, invece era lì più bello di sempre.
    Dunque sedendosi sul suo scranno al centro dell’antica sala del trono sentì il racconto del suo gufo, mentre sorseggiava il suo vino rosso.
    -E così il re dei silvani vorrebbe parlarmi! Non ne dubito, dopotutto Radagast non può rispondere alle domande di tutti. Non mi aspettavo che sarebbe rimasto ad aiutare Legolas. Io pensavo che sarebbe andato a salvaguardare le sue bestie preferite, invece si è dimostrato davvero un grande amico degli elfi, spero che sappiano ricompensarlo per questo.
    Radagast è un uomo molto dolce e innamorato della vita, mi dispiacerebbe vedere la sua tenera ingenuità rompersi per il profitto egoistico degli elfi. Già una volta ha salvato Legolas, ora sta salvando anche il suo regno e quello di Dale: ha un gran cuore lo devo ammettere.-
    -Glielo dovresti dire Ermes, talvolta è gratificante sentirsi apprezzati e stimati soprattutto dal proprio superiore.-
    Gli rispose Farastur. Ermes annuì rapidamente cacciando infastidito con la mano destra quei discorsi pedanti e continuò a dire:

    -Del drago invece hai avuto notizie?-
    -No, non ho avuto il coraggio di andare a vedere di persone, ma ti basti sapere che correvano diverse persone disperate proprio da Dale.-
    -Lo credo infatti. Vorrei tanto sapere che fine abbia fatto Gandalf. Il suo consiglio potrebbe essere davvero prezioso. Pallando ha deciso di intraprendere un viaggio molto pericoloso per l’incolumità di tutti noi. Ho provato ad avvertirlo dall'alto pinnacolo di questa fortezza ma non ha voluto darmi ascolto.
    Il grande illusionista, purtroppo, è stato ammaliato dalla tenebrosa ingenuità di una malefica ragazzina. D’altronde si è sempre detto che i capelli rossi sono presagio di sventura!-
    -Che vuoi dire? E come lo sai?-
    -Oh mio caro… non sono diventato la guida degli Istari per essere sordo e cieco. Pensi che non sappia delle scelte e della vita di ciascuno di loro? Salgo spesso in cima al pinnacolo di Carn Dum e da lì mi connetto alle loro menti vedendo con i loro occhi e sentendo con le loro orecchie.-
    -Non credo che sia rispettoso nei loro confronti! Non dimostri fiducia controllandoli così.-
    -Dici bene Farastur! Ripongo la mia fiducia solo in te. Non confido neanche in me stesso, perché chiunque vive con la magia può percepire il suo influsso malefico ed è facilissimo cambiare rotta, vedi Saruman e Pallando.-
    -A proposito di Saruman…- Disse gravoso Farastur.
    -Lo so anche io… sei riuscito a vedere Isengard mentre eri in volo?-
    -Sono voluto passarci di proposito per osservare che cosa stesse macchinando: ha raddoppiato tutte le sue truppe, non c’entrano più dentro il perimetro di Isengard per quante sono. Ha disboscato tutta la montagna dietro di lui e la torre di Orthanc emana uno strano potere.-

    Ermes si alzò di scatto e lo stesso suo gufo per la rapidità del gesto balzò in volo, spiegando le sue maestose ali bianche. Lo stregone prese a camminare avanti e indietro per la sala del trono turbato profondamente:
    -Che cosa devo fare? Come posso andare da un drago mentre alle porte di un decadente regno degli uomini si infittiscono le schiere di Saruman? Che dovrei scegliere? Dale, Bosco Atro o Rohan? Chi è più pericoloso? Come può un uomo solo come me far fronte a tutto questo?-

    -Ermes devi fare entrambe le cose!-
    -Mio caro, tu non lo sai ma io ho perso gran parte del mio antico potere! Prima lo scontro con Saruman poi quello contro Pallando e poi la sua liberazione dalla possessione. Non ho più le stesse energie e non ho il tempo per recuperarle! Con quale forza posso affrontare sia Saruman sia un drago?-
    -Il drago non va affrontato Ermes. Saresti un folle a metterti in mezzo a un drago, moriresti al primo soffio del suo respiro. Devi fronteggiare solo Saruman.-
    -E del drago che devo farmene?-
    - Fa parte delle creature di Morgoth e lui disporrà nuovi comandi, finché resterà là non puoi far altro che salvare la gente. Non puoi fare nulla.-
    -E allora io ti chiedo: come affronto un esercito imbestialito di Uruk-Hai?-
    -Con un esercito di giganti di pietra!-

    Gli rispose con aria trionfante Farastur, ma Ermes invece rispose con un atteggiamento contrario. Si buttò a terra appoggiando la schiena a una colonna portante, spaventato del potere accennato.

    -Stai parlando di un potere che mi ha donato molti anni fa il sommo Aule e che incidentalmente ho usato anche contro Pallando. Risvegliare i colossi di roccia di questo mondo è davvero un grande potere, e non credo di essere capace a gestirne tanto.-
    -Che cosa dici, Ermes! Questa è l’occasione finale per demolire Isengard. Hai risvegliato il potere del Martello della Terra a Fornost e possiedi anche quello dei giganti di roccia, insieme alla tua magia Isengard sarà rasa al suolo.-
    Tentennante lo stregone disse:
    -Io ho paura di dover ricorrere a tanto potere. Non ci è mai stato consentito di dare libero sfogo alla nostra magia.-
    -Non puoi vivere rinchiuso sul picco della montagna timoroso del potere. Il potere lo deve temere chi non sa usarlo. Il potere ha permesso che si svolgessero le grandi storie. Pensi che avrei potuto parlare con Legolas se non fosse stato per il potere di Gandalf e Radagast che lo salvarono? Bisogna che ti armi di coraggio e vai davanti a Saruman.-
    -Lo so che devo farlo… lui non sta aspettando altro. Mi ha parlato tramite il suo Palantir e mi ha detto che sta aspettando la mia mossa, però non sa tutto ciò che ho scoperto io durante questo periodo.-
    -Per questo devi andare lì e distruggerlo.-

    Si alzò distrutto da terra e andò nella sua armeria. Lì riprese in mano il suo antichissimo e potente scettro, e si vestì con nuove vesti adatte a uno scontro contro un potente stregone. Percepiva durante quel rito di vestizione una profonda tristezza e un vuoto desertificante nel suo animo, come se stesse andando lui a morire.
    Prese tutto il necessario e dopo poco tempo tutto era pronto per finire qualcosa che avrebbe dovuto fare molto tempo fa. Dopo settimane a cavallo raggiunse le mura di Isengard.
    Era mattina presto e una nebbia fredda lo copriva. Guardò il cielo sopra di lui infelice e dopo un profondo respiro esclamò:
    -Ho procrastinato troppo a lungo questo giorno. Ormai bisogna farla finita tra noi due.-
     
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    -Il nostro tempo è giunto, Ermes! Vynia vieni qui e ascoltami bene.-

    Mentre Saruman sedeva sul suo scranno buio chiamò il suo amato figlio adottivo e gli rivolse tali parole, avendo percepito l’entità della situazione che presto si sarebbe generata:

    -Mio amato figliolo, come ben saprai l’ora di cui ti parlavo è giunta!-
    -Bene, sono pronto! Mi sono preparato a lungo per questo giorno.-
    -È vero! Sono fiero di te ma non voglio che tu rischi la vita in questo scontro. Un duello di magia è sempre pericoloso, tu hai visto la volta scorsa quanti morti ci sono stati e non voglio perderti.-
    -Ma io so difendermi! Non voglio andarmene, voglio difendere la nostra gente e voi!-
    -Vynia sono così felice di sentire queste parole. Ma risparmia il tuo coraggio per quando arriverà la tua di ora. Quest’oggi si deciderà la sorte di me e di Ermes e non tu non c’entri nulla. Te lo ripeterò un’ultima volta: non voglio perderti, ora va’ via! Ho fatto scavare la galleria segreta verso il Dunland proprio per questo.-
    -Voi già lo sapevate che sarei dovuto fuggire?-
    -Purtroppo sì… ma non biasimarmi. Lodo il tuo coraggio e apprezzo sinceramente il tuo amore per me, ma capisci il mio nei tuoi confronti. Non ti farei mai morire in un tale scellerato scontro. Ho generato tutte quelle creature per farle morire. Tu non sei come loro e devi essere protetto. Fuggi quanto prima, Ermes è già qui fuori a prendere tempo e tu devi muoverti subito. Prendi tutto il necessario e va a Dunland!-
    -E poi dove andrò? Ci rivedremo? Che ne sarà di me, e di voi?-
    -Spero di rivederti presto ma non ci è stato concesso dagli dèi di conoscere tutti gli esiti del futuro! Sei un grande uomo e saprai vivere benissimo anche senza di me. Puoi sempre cercare una donna e farti una famiglia!-
    -Mi sarebbe sempre piaciuto vedere gli elfi!-
    -Sei libero, figliolo, va dove ti senti di andare! Viaggerai con la mia benedizione e con tutto il mio affetto.-

    I due si strinsero in un sincero abbraccio. Vynia in poco tempo prese le sue cose e triste fuggì via per salvarsi dalla morte che presto sarebbe piombata su Isengard. Quando rimase solo in quella torre vuota, Saruman esclamò meditabondo e grave:

    “Così, miei signori celesti, avete scelto questo destino per me, eh? Ma sarà davvero questa la mia punizione?”

    Andò nella sua camera e rindossò dopo molti anni la sua tunica bianca, abbondonando quelle vesti nere. Si sarebbe presto ritrovato faccia a faccia con il “Bianco” Ermes, titolo che egli non aveva mai accettato, e tale duello sarebbe stata la disputa finale per stabilire davvero chi meritava di possedere quel rango solenne.
    Finito il suo rituale solenne, sentendo le grida della folla sotto di lui, con animo nuovo, si affacciò dal suo alto balcone e gridò al suo esercito:

    -Il nostro tempo è giunto miei guerrieri Uruk-Hai! Quest’oggi uno stregone è arrivato alle nostre porte convinto di fermare il nostro potere! Non esitate e trafiggetelo perché, pure se magico, egli può morire! Alla guerra!-

    Quando tutti i suoi lottatori gridarono entusiasti e si disposero per difendere la loro città, Saruman il Bianco tornò dentro la sua dimora, dov’era atteso come prestabilito da Lurtz e un altro temibile combattente uruk-hai. Quest’ultimo non era uno dei tanti perché era uno dei più fieri, dei più alti e dei più portentosi. Non era vestito e sul suo petto nudo aveva stampata la mano bianca del suo signore. Il suo volto era coperto da una maschera di ferro, ma dietro quella sottile fessura brillavano due occhi di fuoco. Al vedere tanta energia lo stregone sorrise orgoglioso della sua creazione.

    -Dunque è qui il mio Berserker!-
    Esclamò Saruman e Lurtz annuì mentre il suo compagno ringhiò ferocemente.
    -Sai chi erano i Berserker? Degli antichi guerrieri gloriosissimo che combattevano con una ferocia e una potenza indescrivibile. Nessuno li ha mai uccisi se non il Tempo stesso. Tu sei l’unica creatura che io ho generato ad avere un simile potere. Sei al mondo con un solo scopo: uccidere Ermes! La sua magia spazzerà via tutti gli altri ma te no perché indosserai giù in campo questo scudo antimagia.
    Le rune che vi ho inciso lo rendono immune a molti incantesimi elementari, ed Ermes è specializzato soprattutto su quelli. Ora va e affrontalo!-
    Il Berserker andò via e così stava per fare Lurtz quando Saruma lo fermò ordinandogli:

    -Tu combatterai per ultimo! Se il Berserker fallisse allora toccherà a te, nel frattempo guida le mie armate alla vittoria. È uno solo ma vale per molti.-

    -Eseguirò i vostri ordini, mio signore.- E così dicendo si congedò. Rimase per poco tempo quella calma prima della tempesta che il Signore di Isengard decise di osservare dalla guglia di Orthanc. Lì, sopra il pavimento nero, scorse dietro a una pallida nebbia il suo antico rivale. Abbozzò un sorriso maligno e sentenziò solenne:

    -Ti sto aspettando!-

    Dopo qualche attimo le porte di Isengard si spalancarono, gli Uruk Hai gridarono, tutti corsero fuori a vedere la loro preda.
     
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    Non fu molta l’attesa per sentire i corni di guerra risuonare per la città e vedere tutta Isengard sguinzagliata. Correva infuriata quella folla senza ordine o precisione, dai portoni spalancati si dirigevano ovunque per accerchiare e colpire il loro nemico.
    Ermes ricordava gli Uruk-Hai, sapeva che Saruman aveva progettato in segreto tali creature. Era riuscito anche a scorgerle mentre vi aveva duellato dal pinnacolo di Carn Dum: erano lottatori indomiti e selvaggi, ma infondo solo delle bestie. Non possedevano nulla dell’arcana magia della fiamma imperitura.
    -Ma come, Saruman, tanta erudizione per generare questi mostri? Non dirmi che è tutta qui la tua genialità! Dov’è finito il tuo antico sapere di cui ti sei sempre vantato? Indietro pazzi!-

    Al gridare di quelle parole un enorme quantità di energia elementare venne assorbita nel castone sferico del suo scettro. Dopo essersi riempito totalmente lo stregone batté un colpo netto a terra e tutta quell’ondata si scatenò, spazzando via tutti quei “prodigiosi” guerrieri.
    Certo non aveva mica terminato l’intera orda, difatti molti erano sopravvissuti al colpo e tanti altri continuavano a uscire da Isengard. Tra tutti quei guerrieri, però, ne notò uno che riparandosi dietro il suo scudo ne era rimasto illeso.
    Percepì istantaneamente che si trattava di una creatura superiore, spedita dal signore di Isengard apposta per tenere impegnato il suo avversario. Quello scudo riportava magiche rune che impedivano alla magia di attraversarlo: sicuramente un dono di Saruman al suo più abile guerriero. Nella sua mente il tempo si era fermato per ragionare su tutte queste questioni, ma intanto quelle creature avevano continuato a uscire sempre più numerose. La situazione iniziava a farsi difficile e Saruman ne godeva.
    Combattere migliaia di truppe senza un esercito era impossibile anche per la guida degli Istari. Continuare così a schivare frecce, lance, spade e asce si sarebbe rivelata una pessima strategia, e perciò a buon diritto il suo gufo Farastur, anch’egli immerso in quello scontro feroce gli gridava di evocare i giganti di roccia. Ermes si sentiva ancora spaventato da tutta quella manifestazione di potere, temendo che quelle stesse creature gli si sarebbero rivolte contro, oppure che proprio non lo avrebbero ascoltato e sarebbe stato umiliato perciò da Saruman in persona.

    -Sei abile Saruman! Mi accogli con tanti servitori proprio come un vero padrone di casa, ma è risaputo che se il signore non accoglie l’ospite, questo diventa sgarbato.
    Lasci che tutta la tua mandria infelice mi uccida, mentre ti godi tutto lo spettacolo dalla torre. Mi hai sempre umiliato, deriso e sminuito! Non hai mai creduto nel mio potere e non mi hai mai dato il tuo rispetto, nonostante io abbia sempre stimato la tua erudizione. Chissà se questo spettacolo saprà farti cambiare idea.
    Un tempo il sommo Aule, venuto a conoscenza delle torture che mi infliggesti, probabilmente pentito di averti avuto tra le sue schiere, mi donò il potere di dare vita anche alla pietra più sterile.
    E oggi io ti mostrerò tale potere, perché tutto il tuo impero soccomberà alla forza delle mie gigantesche creature.-

    Dette quelle parole notando lo spaventò di Saruman, Ermes gridò con voce talmente profonda e potente da terrorizzare gli stessi Uruk-Hai.

    -Ascoltatemi ancestrali custodi della montagna. Non avrei mai voluto destarvi dal vostro sonno perpetuo, ma gli eventi del mondo sono stati sconvolti e con la benedizione del sommo Aule invoco il vostro aiuto in queste scellerata guerra. Unitevi a me per riportare serenità in queste lande crudelmente deturpate!-

    Da lì in poi non si sentì più nulla. Tutti erano rimasti fermi in attesa di capire che cosa stesse succedendo, e se davvero stesse succedendo qualcosa. Passò qualche minuto e l’unico segno udibile, fu il fischio del vento. Quelle micidiali creature lo derisero, e lo stesso Farastur guardò il volto dello stregone turbato.

    -Perché non funziona, Ermes?-

    La guida degli Istari non fiatò. Si strinse intorno al suo bastone e si preparò alla nuova ondata per niente spaventata dal suo incantesimo andato in fumo. Quando, però, quel terrificante Berserker provò a colpire lo stregone, ecco che una colossale mano di roccia se lo portò via.
    Ermes si voltò, guardandosi alle spalle, e vide una ventina di enormi colossi di roccia: le ossa della terra che si innalzavano verso il cielo.
    Lo stupore e lo spavento sorprese gli Uruk che indietreggiarono sempre più. Molti vennero schiacciati da quei pesanti passi, altri vennero lanciati via, ed ecco che in poco tempo ecco si era recuperato terreno. Un gigante gli parlò, mentre i suoi simili combattevano:

    -Tu, stregone, sei il primo essere al mondo, ad aver osato di interloquire con noi. Ritieniti fortunato che la tua richiesta sia stata accolta. Mai i giganti della montagna avevano camminato per queste terre.-
    -Sono onorato del vostro aiuto. Non lo avrei mai richiesto se non fosse stato davvero necessario!-
    -Lo so bene, stregone. Il male del tuo nemico è più grave di quanto tutti voi possiate immaginare. La natura ha sofferto troppo a lungo per non ribellarsi prima.-

    Gli enormi colossi sfondarono il portone d’ingresso e lanciarono quei macigni a tutti i loro nemici. In poco tempo Ermes si ritrovò a menare colpi di bastone dentro il perimetro di Isengard. Che cosa avrebbe fatto ora Saruman?
     
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    Tutto sembrava promettere in suo favore quando dal nulla Ermes pronunciò quell'antico richiamo. Un potere sconosciuto a tutti gli Istari, impossibile da realizzare se non con l'aiuto di un dio. Così quindi gli dei volgevano il loro favore a quel miserabile stregone: era vero che Saruman era stato abbandonato da loro.
    Eppure un tempo le genti lo chiamavano Curunir, che significa uomo dal grande ingegno, e l'acume a Saruman non è mai mancato con o senza la benedizione del suo sommo signore Aule. Irato nel vedere tanto potere contro di lui, e orgoglioso di non voler accettare alcuna sconfitta, soprattutto dopo le provocazioni di Ermes, Saruman gridò:

    -Chi l'avrebbe mai detto che un giorno avresti messo piede a Isengard con una folla di giganti. Hai acquisito un privilegio raro e magnifico, te lo riconosco Ermes, ma la fortuna è una ruota che gira verso tutti! Sei un povero illuso se stabilirai il futuro in base a un colpo di fortuna del momento. Perché è questo ciò che possiedi: Fortuna.
    Gli dei hanno voluto aiutarti nella tua impresa ma questo non ti rende un incantatore più abile, anzi, solo un miserabile che si rivolge ai suoi superiori nel momento più difficile della sua esistenza. La mia erudizione non è creare infinite orde di queste mostruosità, ma è la raffinatezza delle arti arcani, il sopraffine potere celeste che ora piomberà su di te. Ammira il mio potere!-

    Gridando quelle parole, spalancò le sue braccia e lanciò un appello accorato al cielo di Isengard. Lo supplicò di dargli ascolto e di percepire la rabbia che provava e di scatenarla contro il suo avversario. Dette quelle parole , il cielo si tinse di nero e delle fragorose nubi vennero a coprire la luce che risplendeva per Ermes il Bianco e i suoi giganti di pietra. Terribili boati, e terribili venti sconvolsero la terra. Notò che gli stessi colossi ebbero un sussulto sicuramente perché non avevano mai visto il potere della torre di Orthanc unito a quello del cielo.
    La tetra guglia emanò un'energia vigorosa e il cielo, come se avesse sentito quel colpo, rispose scaricando sull'arida terra tutta l'ira di Saruman.

    Piombarono sulle alte teste di quei giganti e dello stesso Ermes fulmini e saette maestose, la cui elettricità ora permeava il corpo di pietra di uno di quei giganti. Alcuni resistettero, altri vennero completamente spezzati, cadendo in mille pezzi. Ora che il cielo tuonava, Saruman ordinò ai suoi generali di caricare gli esplosivi che tenevano pronti e di lanciarli contro quei colossi.

    -Fateli saltare in aria col fuoco e coi fulmini! Rimpiangeranno i loro tetti di pietra!-

    Annunciando quelle parole, gli Uruk Hai prepararono le micce per le mine esplosive che lanciarono in prossimità dei loro giganteschi nemici. E come previsto ecco che qualcuno esplose frantumandosi.

    -Ora capisci, Ermes? Nessuno può fermare la volontà di Saruman!-
     
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    Mai Ermes si sarebbe aspettato che lo scontro sarebbe stato facile e veloce, perché un vero scontro tra incantesimi potrebbe durare persino per secoli. Ciò che tuttavia non si aspettava era di vedere il suo antico collega essere preda di quella malata e sconsiderata follia.
    Gioiva mentre le creature più nobili e antiche di questo mondo venivano distrutte, ed era proprio in quella sua risata che si poteva intravedere qualcosa di malato e folle.
    Ciò che l’aveva reso così era solo la brama di potere, la stessa che ora aveva raggiunto ma che non gli bastava e lo tormentava.
    Ermes analizzò la psiche di quello che ritenne sempre il più alto di tutti gli Istari, ma, essendo questo loro scontro ormai il terzo, capì che non vi era più niente di recuperabile.
    Saruman aveva scorto troppo a lungo negli abissi e ora proprio questi guardavano dentro di lui, manovrandolo.

    -Come in tutte le cose sarebbe saggio riuscire nella vita a moderare sempre ogni eccesso, perché come da un banchetto bisognerà alzarsi né troppo sazi né affamati! Eppure tu Saruman con la tua brama di potere, così ossessiva, così morbosa, così frenetica, ti sei ridotto a fare queste urla dal tuo stramaledetto torrione.
    Ricordo un tempo in cui passeggiavi tra gli antichi boschi, intonavi canti con i sommi elfi e ti beavi delle parole dei nostri dèi, ma ora hai lasciato tutto quello alle spalle. Hai lasciato che la tua mente venisse guidata da una sottile e inevitabile follia che ti ha portato a fare tutto questo.
    Non lo vedi, perché sei cieco, ma hai sottratto tutto ciò che potevi sottrarre a questa terra per i tuoi scopi. Ti farò scoprire che tutti i tuoi sforzi saranno stati vani!
    Io, Ermes, in quanto guida del sacro ordine degli Istari ti rimuovo definitivamente dal nostro ordine!
    Alla fine del nostro scontro ti spoglierò del tuo scettro e delle tue vesti.
    Non so dirti quale fine gli dèi abbiano in serbo per te, ma di certo non continuerai a far parte degli Istari.
    Non meriti pietà, perché osi ridere distruggendo le sempiterne creature di questo mondo.-

    Finito quel lungo sermone, innalzò il suo scettro e iniziò a pronunciare un rituale magico.
    Venne, però, bruscamente interrotto da un lampo che l’abbagliò e lo fece cadere a terra per lo spavento.
    Quando Ermes si rialzò, aprendo gli occhi non riuscì a distinguere bene tutte le figure che aveva davanti, data tutta la luce che gli era entrata in un colpo nell’occhio. E capì che sebbene tale effetto non sarebbe durato per sempre, almeno per ora avrebbe rappresentato uno svantaggio notevole.
    Farastur vedendolo barcollare e camminare senza una giusta direzione gli si avvicinò e gli chiese:
    -Ermes che succede?-
    -Oh, sto bene Farastur! Purtroppo sono stato accecato e non riesco più a capire cosa ho davanti.-
    -Non preoccuparti, Ermes! Ti dirò io come muoverti!-

    Avvertì le zampe del rapace poggiarsi sulla sua spalla e sentì la sua nitida voce dirgli tutte le direzioni da prendere. Sentiva molto bene Farastur standogli attaccato all’orecchio sinistro, ma altrettanto bene, però, riusciva a sentire il rumore dei suoi colossi di pietra che saltavano in aria e le trionfanti parole di Saruman. Istantaneamente percepì un dardo fischiargli vicino all’orecchio. Nella sua cecità lo stregone aveva schivato la freccia di un grosso Uruk Hai arciere. Non riusciva a scorgervi bene i dettagli, ma stando all’informazioni di Farastur, pareva che quello fosse uno dei comandati di Uruk più fedele a Saruman. Pare si chiamasse Lurtz, o almeno così il gufo l’aveva sentito chiamare.

    -Sta per scoccare un’altra freccia, Ermes! Spostati subito a destra in modo da togliergli quel pauroso risolino di gloria.-
    -Sta davvero ridendo Farastur? Crede di poter sconfiggere uno stregone come me con le sue misere frecce?-
    -Pare proprio di sì, Ermes! Ora schiva! Destra!-
    Schivato il colpo, gli venne riferito che quel mostro cambiò espressione e si portò alla carica col suo gigante spadone di ferro.
    -Ermes sta arrivando contro di te. Preparati a difenderti!-
    Lo esortò preoccupato il suo rapace. Ma lo stregone, sebbene accecato, in totale sintonia con la sua energia interiore gli rispose:
    -Dimmi solo quando sta per avvicinarsi a me!-

    E dopo qualche secondo ecco che partì il gracidare di Farastur a cui rispose un colpo secco di bastone sul suolo. Con quel semplice gesto Ermes aprì una piccola fenditura nel suolo in cui precipitò quell’orribile mostro.

    -Stregone!-
    A richiamarlo era il signore dei colossi di pietra. Non gli fece godere la sua piccola vittoria da accecato poiché gli disse subito:

    -I miei fratelli diminuiscono sempre di più. La pazzia del tuo nemico ha oltrepassato ogni limite. Non transigerò oltre!-
    -Che cosa vuoi fare? Non ho le energie per calmare il cielo da questa tempesta e al contempo affrontare Saruman e le sue creature!-
    -Lo so, stregone! Non ci avresti chiamato altrimenti. Percepisco in te affievolirsi lentamente il tuo potere. Questa cecità non te l’ha causata il lampo ma il tuo indebolimento. Avverto che stai affrontando anche una battaglia spirituale contro un demone.-
    -Dici il vero! Non è il mio demone, però. Quelli me li porto dentro e tornano spesso a farmi visita nel cuore della notte. Sono i demoni di Pallando, un altro stregone.-
    -Lo hai liberato dalla possessione. Ora capisco. Fossi in te, però, tenterei di liberarmi da alcuni pesi. Il corpo soltanto muore, perché l’anima resisterà sempre. Non indugiare troppo nelle tue scelte!
    Io del resto non posso continuare a vedere i miei fratelli esplodere, e sgretolarsi in mille pezzi. Preferisco morire come comando io, che sotto una di quelle bombe!-
    -Aspetta! Che cosa vuoi fare?-
    -Ti sto dando un’occasione, Ermes! Tu sai già che cosa fare.-

    E mentre il cielo tuonava, e le bombe esplodevano e i macigni cadevano dalle mani dei giganti. Ecco che la loro altissima guida iniziò una corsa furiosa contro la torre di Orthanc, circondata di un’energia sinistra che amplificava la tempesta in corso.
    Nonostante la grande stazza, corse urlando pronto alla morte, caricando con tutto il peso la nera roccia di Orthanc che più volte si difese da quei colpi, ma che alle fine prese a cadere anch’essa.
    Difatti la scossa finale del gigante ruppe tutte le vetrate e le balconate esterne.
    Eppure, per un gioco di equilibri statici, come se non bastasse, poi persino una delle guglie non resistette e piombò a terra purtroppo, però, esattamente sul capo del coraggioso gigante, che, tramortito dal colpo si spense felice della sua impresa.
    Incredibile a dirsi ma la nera torre di Orthanc non era più la stessa. Inesorabilmente il suo potere scemava e con esso anche quei tuoni. Lentamente il cielo iniziò a tingersi di colori più chiari e delicati.
    I giganti allora più forti che mai, infuriati anche per la perdita del loro signore, lottarono come se non conoscessero la fatica o la lentezza.
    Gli Uruk-Hai e le loro spaventose bombe esplosive non sembrarono più tanto minacciose, e in poco tempo vennero travolti tutti.

    -Se non scendi, Saruman, salirò io!-
     
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    -Il mio, potenti dèi, è un sogno che va in frantumi, che si sbriciola nelle mie mani e che crolla inesorabilmente davanti a me!
    Voi, potenti signori, avete scelto Ermes come vostro araldo, un uomo che non si è mai interessato di questa terra, e che mai ha mostrato qualità superiori alle nostre.
    Eppure sono solo un povero vecchio davanti alla vostra volontà, voi avete decretato tutto e non mi avete lasciato via di scampo.
    Ormai Isengard non c’è più… il mio esercito non c’è più… e il mio potere vacilla…-

    Furono tali solenni parole quelle che Saruman il Bianco pronunciò mentre il suo reame cadeva ai colpi dei giganti. Vedeva, infatti, le immense vetrate infrangersi al suolo, le grandi balconate spezzarsi e cadere, e il grande pinnacolo perdersi nel vuoto. La nera pietra di Orthanc crollava e nemmeno la sua potente stregoneria riusciva a resistere.
    Gli Uruk-Hai ormai si sentivano smarriti, e non riuscivano a brandire le loro possenti lame con lo stesso vigore di prima. Ci volle poco perché quei potenti colossi li spazzassero via.
    Certi poteri non vennero mai concessi agli stregoni, poiché i Valar non lo ritenevano prudente: si sarebbero sconvolti gli equilibri di Arda.
    Eppure di fronte a quello scenario Saruman non poteva non pensare che gli dei non avessero favorito apertamente Ermes. Perché solo lui tra tutti gli stregoni era stato in grado di risvegliare una tale entità e di manovrarla senza problemi.
    Saruman era invidioso e bieco al contempo perché Aule, il suo signore, lo aveva tradito donando la sua conoscenza al suo nemico.
    Se anche il signore di Orthanc avesse ricevuto gli stessi poteri donati a Ermes, sicuramente il suo tragitto sarebbe stato diverso. Ma così nessuno dei celesti volle e ora pareva che a Saruman fosse rimasto solo il compito di contemplare la rovina intorno a lui.

    Silente fece un profondo respiro e rispose a quell’insolente di Ermes che lo intimava a scendere:

    -Mi domando, Ermes… quando gli dèi hanno deciso di favorirti? E perché tra tutti gli Istari in questa terra loro hanno scelto proprio te? O forse sei stato soltanto tu ad appropriarti dei loro poteri, togliendoli a tutti gli altri, entrando nelle loro grazie!
    Da quando i guardiani della Terra di Mezzo hanno il diritto di tornare a Valinor? E poi per cosa? Per dichiarare loro le tue miserabili e deplorevoli azioni? Pensavi che non lo sapessero?
    Sono forse diventati gli dei di questo mondo per non vedere e per non sentire?
    Sei tu Ermes che consapevole di tutto questo ti ci sei recato comunque, e lì hai elogiato davanti alla loro suprema autorità le tue piccola gesta. Perché non hai invitato anche gli altri stregoni a vantarsi insieme a te, eh?
    Forse Radagast il Bruno non merita il tuo encomio? E Gandalf? Vaga forse un po’ troppo per i tuoi gusti casalinghi e poltroni?
    Probabilmente gli dei, così compassionevoli, avrebbero elargito anche a loro dei nuovi doni.
    Ma li volevi solo tu, e tutti per te! Avido ingordo!
    Meriterai un castigo esemplare, ma stavolta i Valar non hanno scelto me per farlo.
    Però sai meglio di me, Ermes, che con la sorte non si scherza!
    E ora, se è ciò che desideri, entra pure e prova a prendermi, ma sappi che Saruman il Bianco non è, né sarà mai un topo in trappola!-

    Dallo svettante pinnacolo scomparve la sua figura e la porta d’ingresso scattò aprendosi.
    Con la sua magia Saruman spense ogni luce e ogni focolare, coprì anche la luce che veniva da fuori: nessuno lo avrebbe visto muoversi tra le ombre.
    Ora celato chissà dove nell’alta torre aspettava il passo falso del suo nemico per tramortirlo all’improvviso.
     
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    Purtroppo Saruman aveva ragione.
    Che ingenuo che era stato Ermes ad andare a Valinor per spiegar loro la situazione corrente!
    Davvero poteva immaginare che gli dèi non conoscessero le dinamiche di questo mondo? O forse era andato lì solo per ricevere qualche dono ancestrale proibito a tutti gli altri esseri?

    -No, no… non devo lasciarmi manovrare dalle tue parole velenose Saruman! Ti taglierò la lingua appena ti prenderò, lo giuro!
    Andai a Valinor per informarli del ritorno di Morgoth e del tuo tradimento! Certamente lo sapevano già, ma io desideravo ardentemente che anche loro partecipassero agli eventi. Speravo che dopo il mio ritorno si sarebbero decisi a intervenire per fermare l’avanzate dell’antico nemico del mondo!
    Perché non portai con me gli alti stregoni?
    Beh, perché bastava solo uno stregone per riferire il messaggio. E per essere chiari non mi sarei mai aspettato che proprio Aule si rivolgesse a me.
    Io credo che il suo gesto servisse a punire te e le tue esecrabili azioni!
    Infatti, se ci pensi bene, soltanto tu sei stato il servitore di Aule tra tutti noi Istari, e una volta appreso del tuo tradimento, Aule ha deciso di fare dono a un altro di noi dei suoi poteri, perché sarebbero stati gli unici adatti per fermarti.
    Mio caro Saruman, sono gli eventi a governare gli uomini e non gli uomini gli eventi! Pensavi che tutti i piani non sarebbero stati visti dai tuoi superiori? Bene, questa è la tua punizione!
    Il tuo reame di terrore, di morte e di agonia è caduto stato sepolto dalle pietre dei giganti del tuo antico signore.
    E ora trema perché tutto ciò che puoi fare è scomparire nella tua torre!-

    Fattosi coraggio Ermes entrò nella buia torre di Orthanc senza vederci nulla.
    I suoi occhi erano ancora appannati e l’ambiente circostante era indecifrabile. Sebbene il suo leale Farastur sapesse scorgere tra le tenebre, nemmeno i suoi occhi rapaci potevano sfrondare la magia di Saruman.
    Ermes allora innalzò lo scettro lasciando che dalla sua sfera si liberasse un bagliore di luce accecante. Esso sembrò volare dalla staffa sino alla cima della torre per poi ritornare nel nucleo di origine, alla fine del grande prodigio ecco che un’intensa aura di luce sferica faceva indietreggiare tutte le ombre e rivelava le stanze di Saruman.
    Farastur lo guidava e gli diceva dove muoversi, finché, salito ai piani superiori, di nuovo le tenebre lo inghiottirono, spegnendo quella sfolgorante torcia magica che era riuscito a crearsi.

    -Pare che Saruman è vicino… più saliamo più il sortilegio si fa buio.-


    Esclamò Ermes molto vigile. Percepì Farastur sopra di lui tremare per la paura, e, quando Ermes inciampò per colpa del buio contro un gradino, egli scappò via.

    -Farastur! Dove vai? Farastur dove sei?-

    Gridò Ermes, ma ormai era solo e cieco nelle profonde oscurità generate da Saruman. Affidandosi esclusivamente ai suoi sensi continuò a salire piano piano, tastando il terreno davanti a lui con il suo bastone.
    Mentre con tale cautela e difficoltà provava a salire, in lontananza udì le grida di Farastur e le risate di Saruman.
    -Dannazione sono la guida dei cinque Istari e sono ridotto in questo stato! Che tu sia maledetto Saruman! Dove sei? Rivelati!-

    Gridando quelle parole Ermes salì d’impulso senza preoccuparsi più del terreno sotto i suoi piedi, ma questo fu un grave errore, perché improvvisamente, colpito da qualcosa, venne schiantato a terra, dove vi rimase tramortito. Iniziò a sentirsi confuso e stordito, con le orecchie che ronzavano, gli occhi annebbiati e la gola secca.
    Lentamente gli sembrò che si stesse diradando tutta l’oscurità intorno a lui e da lontano poté addirittura scorgere una sagoma bianca scendere autorevole dalle scale.
    Lo stregone cercò con la sua mano debole lo scettro forte ma non riuscì a trovarlo.
    Quando la figura gli fu abbastanza vicina, lui si sentì davvero stanco con le palpebre che gli gravarono come macigni. Nonostante con tutto il suo ultimo vigore provò a resistere, alla fine crollò esausto.
     
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