Il Prestigio E L'Illusione

Pallando-Forthwald

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  1. Pallando Il Blu
     
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    Finalmente era giunto il momento. L'eccitazione oscura e maligna arrivò oltre i sommi cieli, e colmato di estasi, camminava tra le radure. Un cappuccio di zaffiro copriva il suo pallido crine e quei gelidi occhi, regalandogli con letizia e collaborazione un'ombra misteriosa. I suoi lunghi panni blu strusciavano a terra, e gli infimi di questi si sporcavano tra la terra. La sua barba raggiungeva la sua cinta alla vita, e di sbieco una borsa da viaggiatore la tagliava. E dunque con la sua pellegrina blu continuava a riflettere e a meditare su come potesse ingannare quello sciocco.
    La sfera di vetro mostrava i luoghi, dove la futura vittima si stava muovendo, e riflessa su d'essa c'era il suo ghigno malefico di pura perfidia: amara e potente.

    -Fuggi dove vuoi! Cerchi una dimora, e fidati di me, mio simpatico amico, presto avrai un alloggio migliore di quanto creda: la tomba.-

    Sperava forse quel misero vagabondo di raggiungere Fangorn senza l'aiuto di nessuno? E dove sperava di andare? Forse un'erudita guida poteva fare al caso suo. Qualcuno indottrinato dall'esperienza e dalla vita, anziano e pellegrino, qualcuno che l'avrebbe condotto nei giusti anfratti in un tortuoso viaggio. Sorrise di nuovo estasiato, e maledettamente beato. Nemmeno la lussuria più sfrenata poteva regalare una tale goduria. Pensare che il futuro si stesse materializzando proprio come egli voleva, il pensare che tra le mani stringesse il caldo cuore di un Balrog, il pensare alla realizzazione del suo potere lo eccitava talmente tanto, che oltre a ghignare cinico e malefico, sveltì anche il passo.

    Il suo bastone zappò la terra, e talvolta la mieté come la morte stessa. E infine eccolo in lontananza. Pallando con un sospiro e una nenia svelta e tormentata, avvolse il suo volto di cicatrici e sangui rovinosi. Le sue vesti si strapparono e le sue chiome s'ingrigirono e impolverarono. Ora era un sopravvissuto. Un povero e misero vecchio salvato dal fato.

    Quando lo raggiunse in prossimità con istrioniche mosse, si crogiolò e guaì a terra come un cane bastonato. Gridò di patimenti e dolori, e il sangue tinse la terra stessa. Vide quell'uomo voltarsi verso egli e raggiungerlo. Altre parole sospirò debole:

    -Che i divini vi benedicano figliolo.-

    Edited by Pallando Il Blu - 3/10/2015, 21:55
     
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    Da Fangorn si stava dirigendo lesto verso Gondor, e già le lacrime gli sgorgavano dagli occhi, al pensiero di quello che si lasciava alle spalle, quando un impedimento che sembrava tutt'altro che una coincidenza in quel triste momento, gli si parò davanti.
    Un vecchio, ferito e sanguinante, era a terra dinnanzi a lui e implorava aiuto. Con tutta l'imprudenza di cui era capace, si avvicinò a cavallo e ne discese.
    - I Divini sembra mi abbiano abbandonato vecchio, come penso abbiano abbandonato te, visto il tuo stato. Risparmiami le tue benedizioni, ma piuttosto dimmi chi sei e cosa ci fai qui, chi ti ha ridotto in questo stato e perché. - non gli dispiaceva esser brusco, sopratutto dal momento che un vecchio aveva piegato Rohan da solo.
    Si piegò su di lui esaminando le sue ferite e i tagli, constatando che perdeva molto sangue. Cercò la ferita dalla quale proveniva mentre l'anziano signore rispondeva alle sue domande.
    - Non dovreste viaggiare da solo, di questi tempi. Spero che questa batosta vi serva da lezione. Si munisca di guardie del corpo, o resti a casa sua. Da queste parti passa poca gente, siete stato fortunato a trovarmi. Anche se sono parecchio di fretta, la curerò io per il momento. Poi andremo a Gondor, dove ci sono cerusici ben più esperti di un soldato di Rohan. La lascerò in mani esperte, e proseguirò per la mia strada. -
    Omise una parte di verità, nel caso quel vecchio non fosse proprio chi voleva far vedere di essere. Per il momento Forthwald, generale di Rohan, sarebbe sparito dalla circolazione.
     
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  3. Pallando Il Blu
     
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    -Oh ti prego non aggredirmi anche tu. Sono dovuto fuggire da quelle lingue di fuoco, qualcuno o qualcuno non ho capito ha bruciato quell'intero villaggio. Guarda là, puoi ancora scorgere gli alti fumi. La mia famiglia è morta avvolta nelle spire, ed io pur di ricevere vendetta contro il nemico sono corso da qualcuno. I divini hanno voluto che proprio voi mi compariste davanti, e non sapete che grande sollievo è per me questo.-

    Affannato e respirante a malapena. I fumi non erano altro che un paio di panne bruciate dalle sue vampe, eppure la lontananza e il fuoco magico le rendevano una tempesta. Pallando fingeva con cotanta bravura da stupefare anche sé stesso. Da tempo non recitava i panni di prestigiose ed illusionistiche vesti, si era abbandonato all'uso della semplice magia di forma, e non a quella leggermente sinistra e sconosciuta.

    Anche la più semplice delle eloquenze oratorie poteva essere un'illusione, tuttavia abbastanza difficile in ambito persuasivo. Colui che aveva innanzi conosceva bene il ruolo di Saruman, e ciò l'aveva notato sia nel discorso con lo stregone, sia scrutando su quella vitrea sfera. Il sospetto ch'egli potesse essere un Saruman non giovava in suo favore.

    -A Gondor dovete dirigervi? Sarebbe per me cosa preziosissima, conosco alcune persone lì, in caso ne aveste bisogno potrebbero darvi alloggio anche a voi.-

    Gemette un poco mentre le fasce garzose gli avvolsero le sanguinolente ferite.

    -Sapete, si dice che esista una pianta elfica che possa guarire tutti i dolori, se non mi ricordo male si chiama Athelas. Ne avete mai sentito parlare? Io l'ho vista molte volte, e ho sentito gli elfi recitarla proprio davanti a me. Forse dentro Fangorn potrebbe esserci qualche piccolo cespuglio. Esiste anche un fungo molto utile, si chiama Amanita Muscaria. Il suo cappello è rosso come il sangue e spesso con delle spore bianche intorno. Altrimenti non prendetevi il disturbo di curarmi, quanto di stare con voi in questo viaggio.-

    Quando si rialzò, si poggiò sul cavallo da traino di quel cavaliere. Questi gli intimò di cavalcarlo, per evitare fatica, tuttavia per comodità di agevolazione vi rinunciò. Dunque iniziò così il loro viaggio e con pochi passi fatti ecco che la Foresta di Fangorn, il reame degli Ent incupiva le menti.

    -Si dice che questa foresta abbia fatto perdere molte persone; io la conosco bene e semmai doveste avere bisogno di me per consigli, chiamatemi.-

    Trattenne fintamente un altro patimento, e poi con i suoi acciacchi e lesioni avanzò debole nel passo, tentando con sforzi vani di stare al passo di quell'uomo.

    -Non vi ho nemmeno chiesto come vi chiamate! Scusate se sono stato così sbadato, ma l'incubo di quelle fiamme, e l'orrore della morte ancora mi spaventano. Io sono Kioron, figlio di Wertenen. Ho studiato alla corte di Rohan per un breve periodo, e lì c'era un saggio uomo, che mi ha insegnato questi piccoli appunti sulle piante. Dicevano fosse un mago, ma io penso solo che fosse un erudito.-
     
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    - Non chiederò perdono per i miei toni, la mia situazione li giustifica. Il mio nome è Beofrid; e questo è tutto ciò che ti occorre sapere sul mio conto. - La storia dell'uomo gli ricordava molto la sua giovanile, ma ancora non si fidava. Poteva essere realmente un vecchio scampato alle fiamme, come poteva essere Saruman in persona. Il dubbio definitivo si insinuò in lui quando si pose un'intelligente quesito. Come poteva un vecchio scappare da un villaggio in fiamme, senza cavalcatura, mentre nessun'altro era riuscito a farlo? La sua intenzione era di accontentarlo e di entrare nel bosco, per poi portarlo da quella tanto gentile donna che aveva conosciuto tempo prima. Lei era la persona più adatta per curarlo, e se lo sarebbe finalmente levato dai piedi. Però si rese conto che non ci sarebbe mai arrivato da Emma, sempre che la sua teoria fosse giusta, e che in quel caso anche lei sarebbe stata in pericolo. Lo era già per via dell'ombra che sovrastava Rohan e anche per questo doveva correre in fretta da Aragorn. Quel vecchio era solo un impedimento. Osservò la foresta che aveva di fronte per qualche attimo poi rispose a Kioron.
    - Mi dispiace non potervi essere più utile di così messere, ma sono davvero tanto di fretta. Se siamo veloci possiamo raggiungere Minas Tirith in poco tempo, io andrò dove devo andare e porterò voi dai vostri amici. Sono sicuro che troverete molta più vendetta e aiuto da loro che non da un umile soldato. Possiamo cavalcare in due, faremo presto. - disse portando il cavallo vicino all'uomo ed indicando la sella.
     
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  5. Pallando Il Blu
     
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    Inutili verba lanciante in un sordo cielo eran quelle. Chi mai avrebbe udito le lamentele di un misero e infimo soldatino? Troppo debole, inutile e sciocco per essere ascoltato; dopotutto, in fin dei conti, era prassi di codesti uomini apparire martiri in ogni situazione. Tuttavia, con sommo prestigio l'illusionista appariva un'altra forma e persona, il suo carattere era benigno e disponibile, tanto da apparire ausiliario nella maggiore difficoltà. E poi Beofrid... Inutile... Pensava veramente di poter imbrogliare un imbroglione? Non rifletteva su chi potesse aver dinnanzi, e nonostante sospettasse la malignità della magia, non faceva altro che aumentarsi i pericoli. Pallando non disse nulla, l'istrionico attore in sé non gli permise di togliersi la maschera, o sfoggiarne altre dal nulla.

    -Immagino siano terribili momenti i tuoi. Sei teso in tutto, ultimamente questo mondo non è più lo stesso, e io lo so bene. Se non fosse stato per l'aiuto di quel giovinotto, sacrificatosi per me, perché potessi informare il re di Gondor dell'accaduto, io nemmeno sarei qui. Mi ha preso dalle fiamme, urlandomi "nonno" e mi gettò fuori, lasciandosi avvolgere da quelle spire.-

    Si contorse dal dolore, e delle lacrime di pura mestizia colarono lungo le anziane e sporche guance. Non osò minimamente guardare il cielo, solo la terra, colei che serba i morti ne era la responsabile. E proprio lei avrebbe dovuto udire la sua imprecazione:

    -Maledetto sia tale giorno! Maledetti coloro che hanno distrutto tutto quello che avevo! E maledetto il fato che ha lasciato me in vita e non i più giovani.-

    Ormai era stato abbastanza ipnotizzato, eventi loquaci e persuasori erano stati questi, e forse, se non piccoli granuli di diffidenza ve ne era molta meno dall'altra parte. Una mente sospettosa, purtroppo non si può tacitare e soffocare, tuttavia è possibile smussarla, e ciò il crudele Pallando lo sapeva bene. Saltò a cavallo, tramite l'aiuto di quel guerriero, quel Beofrid, e insieme ad egli cavalcò oltre la foresta.

    In parte gli dispiacque abbandonare un simile luogo, insidioso e pericoloso, però nelle vaste radure al di fuori di Fangorn, v'erano insidie ben peggiori: fiori, animali, creature, ma sopratutto le situazioni, malleabili per essere cambiate dalla sua illusione. Sopra il destriero, lo stregone cercò il Palantir, ma la sua ricerca non ebbe successo, e ciò lo colpì molto. Capì allora che colui che aveva davanti non era un misero sciocco, eppure in tale meticolosità c'è sempre una debolezza. E il Blu l'avrebbe riconosciuta come niente. In un attimo cadde da cavallo, la vecchiaia e la debolezza ne erano le colpevoli. Gemette a terra, supplicante aiuto, aspettando che il mortale gli si avvicinasse.

    -Oh ti prego, se hai fatto tutto questo per me; ti prego... Ti scongiuro aiutami a ritirarmi su! Queste ossa sono ormai vecchie, non abbandonarmi. Mi hanno chiesto di riportare la verità al re di Gondor, e ti prego non lasciar fallire la mia volontà.-

    I suoi occhi si indebolirono e cadde in uno stato di finta quiescenza.
     
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    Come se avesse letto nella mente del giovane i dubbi che lo assillavano, il vecchio diede voce al racconto della sua disavventura, e con disperazione ammise il suo dispiacere per la prolungata vita a lui e per quella negata ai giovani. Il cuore del generale di Rohan si placò un poco, divenendo più intenerito.

    Non fecero molta strada nel silenzio, che il vecchio cadde da cavallo, lamentandosi dei suoi acciacchi e della necessità della sua missione. Implorava aiuto, il figlio di Wertenen, ma anche il figlio di Firthwald andava di fretta. E fu con dispiacere che fermò la cavalcatura.

    - Imploro il tuo perdono, Kioron, ma anche io son di fretta. Se mi dici il tuo messaggio per il Re, mi premurerò di riferirglielo. Tu mi rallenti troppo! Non posso attendere oltre! Non c'è molta strada da un villaggio, partendo da qui, lì troverai un migliore aiuto! O se preferisci ti posso portare fin da un mio amico. Entro stasera saremo arrivati da lui, e ti assicuro che può garantirti protezione insieme a tutto ciò di cui avrai bisogno senza chiedere nulla in cambio. Ti prego di comprendere la mia difficile situazione... - sperava che il vecchio capisse, ma da lui non arrivò risposta alcuna. Era svenuto.

    Pensò di andarsene, ma non poteva lasciarlo lì in terra. Voleva liberarsi di lui, ma d'altra parte il suo buon cuore gli impediva di andarsene ed abbandonare l'anziano signore in quelle condizioni. Così scese da cavallo e si avvicinò a lui con la borraccia d'acqua. Iniziò dandogli dei colpetti sul volto, ma ciò servì solo a confermare lo stato di incoscienza del vecchio. Provò così a bagnarli la fronte, in attesa del suo risveglio.
     
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  7. Pallando Il Blu
     
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    -Dimmi ragazzo mio...- La voce fu tuonante e profonda, come i sussurri degli inferi, tuttavia possedeva delle recondite note suadenti, proprie di un ottimo mago.

    -In questo modo tratti tutti coloro che incontri? Poiché... Se così fosse, allora saresti veramente molto ineducato ma sopratutto sgarbato. E l'essere sgarbato, ahimè, è veramente cosa pessima, sopratutto con le persone sbagliate.-

    Alzò da terra le iridi celesti, e con uno sguardo furbo, astuto, maligno, mefistofelico, osservò, guardò, scruto con una fortissima irruenza il volto disorientato di quel povero ragazzino, ignaro del suo fato. Pallando rise al costatare la sua misera debolezza, e con il sopraggiungere delle sue forze, codesto si risollevò da terra, privo di rimorsi, di dolori, e ferite. Più le sue ossa ascendevano, più esse guarivano. Quando l'opera fu compiuta e il corpo fu dritto e audace, come un cavaliere fa innanzi alla sua preda, si concentrò sul suo agire. E meditò mentre lasciava scorrere velenose e prorompenti parole: catapulte infuocate contro mura di rigida e austera pietra.

    -Hai temuto a lungo un qualcosa di così possibile, mio caro. Hai temuto il vero, e la verità è la cosa più terribile, che un uomo possa conoscere, poiché ha molto potere. Non sono, tuttavia colui che tanto temi, né ho conoscenze con costui, però so che ti appartiene un oggetto così grandioso, di cui posso percepirne l'essenza e la forza. Gli antichi chiamavano tale manufatto divino: Palantir, le pietre veggenti. So a chi l'hai presa, e come l'hai avuta, e mio caro... Il furto è un reato molto grave, perciò voglio essere buono. Consegna a me tale manufatto, ed io non ti farò alcun male, altrimenti non posso far altro che essere coercitivo.-

    La leggendaria tenacia ed eloquenza, non sarebbero potuti essere utili strumenti, senza un piccolo tocco di forza. Ridendo, e sghignazzando beffardo e cinico, sul destino di quel misero cavalier, lo stregone fece un incantesimo di paralisi, avvolgendo il povero soldato in una spira magica.

    -Posso liberarti quando vuoi... Dimmi dov'è il Palantir, ed io non ti farò alcun male, altrimenti queste fiamme saranno l'ultima cosa, che vedrai, e le tue grida, le ultime, che udirai.-

    Sulla punta del suo scettro, infatti, traluceva una folgorante sfera infuocata. Un ultimo sguardo, e ora il lavoro spettava alla sovrana Vaire, tessitrice di Fati.
     
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    Non vi fu sorpresa in Forthwald nell'udire il repentino cambio di voce del vecchio, e nel vederlo così celermente tirato in piedi dopo la caduta da cavallo.
    'Stolto me! Avrei dovuto cogliere l'occasione e fuggire... ' questi furono i suoi pensieri dopo che lo stregone ebbe parlato.

    La cosa positiva di quella situazione tanto scomoda fu che il cavallo se ne fuggì spaventato, con borse, armi e tutto ciò che vi era montato sopra, compreso il palantir. Ma questo il vecchio non lo poteva sapere. E per inseguire il cavallo doveva liberare lui, il che sarebbe stata una pessima mossa. Fu così che rimasero soli. Lui, il vecchio ed uno zainetto sulle sue spalle. Uno zainetto che poteva essere usato come esca.

    - Bene messer stregone, visto che Kioron non deve esser il vostro nome che tuttavia mi piacerebbe conoscere, a quanto pare siamo entrambi in una scomoda situazione. Io non so di cosa voi stiate parlando, visto che palantir è un termine a me nuovo, e voi a quanto pare state cercando dalla persona sbagliata. Il che ci porta ad una situazione di stallo. Se voi mi uccidete perché non parlo, non saprete mai dove si trova questo palantir, e se io non parlo verrò ucciso. Ma non sapendo che dire, temo sarò costretto a tacere per sempre. A voi la scelta. Potete arrostirmi e cercare questo palantir fra le mie ceneri, oppure lasciarmi andare per la mia strada e proseguire la vostra ricerca magari in strade più fruttuose della mia. - rimase a guardarlo, non temendo la morte nè la sua decisione.
     
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  9. Pallando Il Blu
     
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    -Mi sono presentato come Kioron? Ah Ah Ah! Chissà da quale di quelle povere persone morte l'abbia ricavato questo nome.-
    Il sorriso mellifluo e di così oscura malignità fu un vezzo, che dipinse a tocco d'arte il vecchio volto. Alzò la fronte in segno di sfida, e i suoi occhi cerulei colsero l'occasione per divorargli l'animo, scrutando in mezzo a quel mar di parole la recondita verità.

    -Sai una cosa mio giovane destriero? Ho studiato tanti e tanti anni, per secoli potrei osare dire... Voi tutti ancora non eravate nati. Io invece a differenza vostra ero lì, con gli occhi rivolti ai miei sommi maestri, ad ascoltare le loro verba e a praticarmi su di esse. Mi sono temprato per secoli, riconoscendo le più occulte astuzie, riconoscendo il vero e il finto, e manipolando e toccando quella che voi definite un'irreale magia. Capirai mio caro, che le tue alate verba non sono altro, che piccole banalità, almeno per me.-

    Eccolo lì quel vecchio stregone pronto a minacciare con viva e manifesta coercizione. Le sue parole si schiantarono contro un potente muro, uno inflessibile che non si scomodò troppo a meravigliarsi, tuttavia in quel volto di pietra v'era una scintilla, una piccola crepa su quel muro, che il potente nemico aveva ben riconosciuto. Aveva notato, infatti, gli occhi di quel cavaliere osservare il galoppo fugace del suo destriero, bardato ovunque. Si voltò, osservando proprio ciò che quello innanzi a lui guardava e mentre preparava il suo artificio magico eccolo a sibilare contro quel povero soldatino.

    -Tu vuoi il vero, quando a me hai dato il finto. Hai sperato di illudere un illusionista, un'opera, che se fosse riuscita, sarebbe stata un vanto eterno. Purtroppo mi dispiace non essere un grande dispensatore di gioia, e mi duole avvisarti che la tua opera è stata la pessima. Vedi... Mentre noi camminavamo e io ti rendevo note delle finte sciagure, alcuni mercenari ci stavano seguendo, oh... non sono nostri nemici, bensì tuoi. Io li ho arruolati perché tenessero d'occhio ogni situazione, e adesso che gli ho fatto notare questa repentina fuga, architettata ahimè con poca fantasia. Sicuramente starà su quel destriero ciò che cerco, altrimenti non ti saresti scomodato tanto a meravigliarti della sua fuga. So però che tu vuoi illudermi con quel piccolo zainetto, che ti starebbe meglio come monile, che alle spalle. Dunque giovane Forthwald, oh... non ti stupir della mia conoscenza al riguardo, tra le locande circola molto la tua voce, sulla tua fuga da Rohan; chissà che cosa sarà successo per farti fuggire così all'improvviso... Ti dicevo che, avendo una sfera infuocata tra le mani, sarebbe meglio bruciarti quello zaino. Almeno quando morirai, non avrai quel peso tra le spalle.-

    Lanciò le fiamme con velocità fulminea. Lo zaino arse, senza torcere un capello alla sua preda. Lo stregone arretrò verso quegli uomini di ritorno, sorrise loro e osservò tutti i bagagli che gli portarono. Dentro una borsa di cuoio, avvolto da un lenzuolo bianco, eccolo che rifulgeva il potente Palantir.

    -Molto bene! Sono sempre stato bravo a portare a termine i miei obiettivi. Ora dimmi una cosa giovane soldatino, cosa me ne faccio di te?-

    Sulla sua mano destra aveva la sfera veggente, mentre all'altra il lucente scettro.

    -Dunque?-
     
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    Vedendo la sua missione andare in pezzi minuto dopo minuto, si lasciò andare alla disperazione. Aveva fallito, e già il suo nome circolava per le locande di Rohan, molto probabilmente portando con sé cattive novelle. Per nessun attimo diede segno di cedimento, andando incontro al suo destino inevitabile almeno a testa alta.
    - Ebbene, stregone, ti posso dar ragione sul fatto di averti detto il falso, ma di certo ne avevo i motivi. Ora tu hai ottenuto ciò che volevi e io non posso più far nulla per impedirti di riconsegnare quell'artefatto a Saruman, sempre che Saruman non sia tu stesso, quindi ti pregherei di dirmi almeno il nome di colui che porrà fine ai miei giorni da Rohirrim. -

    Desiderava oramai la morte, sicuro che qualsiasi altro destino sarebbe stato peggiore di quello che gli avrebbe dato lo stregone. Di sicuro Rohan intera lo stava cercando, accusandolo di chissà quale colpa. Forse di aver ucciso il Re e la sua famiglia. Forse la fine delle precedenti vittime di Medekai sarebbe stata un modo migliore per andarsene di quello che lo attendeva con la sua cattura, e di quello che gli era già capitato nella giornata corrente. Una mistura di fallimenti, uno dietro l'altro. Pregava quindi che lo stregone non gli facesse fare una fine molto diversa, riducendo anche lui in cenere.
     
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  11. Pallando Il Blu
     
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    -Voi semplici uomini siete tutti così uguali! Non avete nessuna distinzione d'animo per cui differenziarvi. Siete un misero gregge di pecore indivisibili, poiché altrimenti smarrireste tutti voi. Vuoi conoscere il mio nome, vuoi conoscere gli esiti del tuo essere... eppure non ti accontenti di ciò che sei. Hai scelto la via del misero cavaliere, non hai voluto trascorrere una vita alla ricerca della sapienza, e or ora che la morte si avvicina, rinneghi il tuo essere passato per rinascere in un colto uomo. Oh povero te!-

    Sogghignò tra i denti col far d'una serpe acuta. Scrutò il volto preoccupato di quell'uomo, e la sofferenza che stava patendo rinchiuso in quel circolo magico. Strinse il suo bastone vigorosamente e poi riprese le sue potenti parole con quel far meschino e maligno.

    -Sai, mio simpatico amico, noto in te un certo timore per la morte; in effetti, nessuno può conoscere l'accader dopo la propria vita, alcuni si rifugiano negli dèi, altri sostengono che non sia nulla, e dunque nascono le tanto amate filosofie... Oh... ma sentimi, confuso e in sciocchi voli pindarici, ottimi solo per rallentare la tua fine. So che ti chiami Forthwald, mio giovane amico, le voci corrono velocemente come il tempo, e non avrei mai avuto conoscenza di te, se tu non avessi compiuto un tale furto... e poi a chi hai rubato? A uno stregone! Ah Ah Ah! Oh divini! Hai sicuramente cercato la fine della tua vita, ma ti posso garantire l'esistenza di metodi meno giganteschi. Ora dunque che siamo giunti al verdetto finale ti enuncio una cosa: tu hai cercato la fine della tua vita, hai cercato termine al tuo continuo supplizio; ma io ti darò un continuo tormento. Forse non sei molto contento in tale vita, una cosa brutta, dove si provano piaceri e dolori, perché non accontentarsi di una vita differente. Mio giovane cavaliere, stai per diventare qualcosa che mai nessuno stregone, per quanto oscuro abbia mai creato. Tu diventerai l'abominio di te stesso e mio servo!-

    I suoi occhi si incupirono e divennero duri come il ferro. Le sue mani per sensazione si irrobustirono e il calar del suo vociare fu apocalittico. La sua magia in quei momenti raggiunse l'apoteosi. Il suo bastone prese a scintillare i suoi capelli a volare e il suo chitone ad agitarsi feroce. Un vento improvviso cinse dapprima il blu, poi avvolse anche colui che avrebbe subito la Metamorfosi. L'acuto ingegno della sua magia d'illusione, e della sua conoscenza sugli elementi e della natura circostante riuscì a fondarsi in un'unica forma, creando così una creazione empia e impura. Lasciò emanare così una magia oscura e abominevole, propria dei demoni e del sangue, mali ormai dimenticati e forse sconosciuti per Arda.
    Tutto tacque mentre l'oscurità prese possesso di quell'uomo, i suoi urli furono tacitati da quell'invasamento e da quel terrore che emanava. L'illusione creò la sua forma e la natura e i suoi elementi la resero reale. Un essere turpe dal volto non così dissimile da quello di un mostro prese forma: alto, grosso e magico. Avrebbe conosciuto ogni magia, e mai l'avrebbe usata contro il suo signore.

    -Mio caro! Ora sei decisamente più carino, tuttavia non desidero un tale essere con me, almeno per quando sarai con me. Ti renderò mio familliar, un essere fedele e vicino a ogni incantatore. Diventa dunque un aracnide e tessi quel destino che mai sei riuscito a compiere!-

    Con una sonora risata rilasciò un'altra scarica magica, e quella forma si acquattò a terra, vibrando, sobbalzando e soffrendo nel peggiore di tutti i modi. Il cuore e la carne si lacerarono per creare la vita a un ragno capace di diventare un essere orrendo. Un ragno alto e potente, dalla cui bocca avrebbe sputato veleni e bave, ma con la forza di mutar la sua forma.

    -Credo che ormai tutto sia stato fatto. Andiamo mio servo fedele! Ormai manca poco e oltre a sapere flagellare le anime dei vivi, riuscirò a farlo anche con i morti. Oh mio caro Ermes... non avresti mai dovuto lasciarmi i tuoi appunti e quelli dell'antico Angmar davanti i miei occhi!-

    Un'ultima risata e nella radura lui e il suo essere svanì.


    {Fine}
     
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