Inarrestabili

Emariel / Ancalagon

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    Non si curava del mondo al di fuori, non per il momento almeno. Dopo la dipartita di quei seccatori che pensavano di poterla sconfiggere con giochi di magia e trucchetti per poppanti, la femmina cercò di trovar giusto riposo prima che il braccio del sonno la portasse via. E così il letargo iniziò a prendere piede fra le sue membra nuove, fra le sue fauci già troppo usate. Il freddo la cullava, mentre il rumore delle onde erano un suono tanto gradevole per i suoi timpani.
    Sapeva che c'era qualcun altro su quel continente, che a lei stava stretto come un'isola, ma doveva aspettare che la regina si destasse per ricevere udienza. Sempre vigile, anche nell'apparente letargo al quale si costrinse per imparare nuovamente ad ascoltare e a percepire il modo rotatorio del mondo, captò una nuova improvvisa presenza scortata da una barca e da una femmina.
    Una femmina. Nel suo territorio. Decise di cambiare posizione, poiché la lontananza di quella poco di buono tolse l'allerta del momento, sdraiandosi su un fianco, dando così la schiena alla spiaggia dove aveva percepito una nuova presenza.
    Maschio, senza ombra di dubbio.
    Un altro drago incappato nel suo territorio forse per sventura o forse per pazzia, ancora era indecisa.
    Ma continuò a rimanere li mimetizzata, mentre il sole scaldava le ali che le facevan da coperta e da protezione. Era più forte dell'altro maschio, pure del verme che ora giaceva nel profondo abisso. Non era paragonabile nemmeno a quel non morto né a quella femmina, giovane di testa che di spirito.

    Sentì i loro discorsi, ma non capì nulla in quanto quella lingua le era sconosciuta. Provò un'immisurabile irritazione, poiché quei trogloditi non si degnavano di utilizzare la lingua draconica, fonte di orgoglio e grandezza per ogni pelle squamosa.
    Sbuffò fumo dal naso, quando li sentì avvicinarsi mentre battibeccavano fra di loro come due cuccioli di pochi secoli.
    E poi ancora quel nome, Emariel. Sapeva che il non morto la guardava e pronunciava quella parola, ma non capiva proprio a cosa si riferisse. Voleva dire ira, nella sua lingua, ma nel contesto pareva proprio come un nome. Il suo nome.

    E chi erano loro per darle un nome? Lei poteva benissimo darsi tutti i nomi che voleva, da sola, poiché nessuno poteva eguagliare il suo potere. Quindi, essendo la massima potenza vivente su quell'isola (che per lei era ancora il mondo intero), si sarebbe trovata un nome per conto suo.

    Gli occhi si schiusero pericolosamente, con una rapidità da lasciar stupita anche lei stessa. Come aveva osato quell'idiota svegliarla con quella parola insignificante?

    Magnifica, lo sapeva già di esserla. Alzò il muso, mentre permetteva alle squame di assumere un colore tendente comunque al grigio, e si voltò verso quel puntino nero che si differenziava attorno al cristallo del ghiaccio.
    Scrollò le ali, mantenendole però piegate sulla schiena e fece vibrare la lingua biforcuta quasi come se fosse un serpente pronto ad attaccare. Dalle narici uscì nuovo fumo ed il muso si avvicinò maggiormente alla piccola figura dell'impertinente drago maschio. Gli occhi dorati andarono a perlustrare la zona attorno e vide l'altro drago, sempre se così poteva definirlo, appollaiato su un cumulo di rocce. Cos'é, volevano minacciarla?

    Un ruggito sradicò quel pezzo di bosco ancora intatto, mentre la spiaggia divenne una tempesta innalzata dal vento, che andò a schiantarsi e a disperdersi nel mare, ora privo di imbarcazioni inutili.
    Diede quindi l'attenzione richiesta al maschio, avvicinando l'enorme muso verso il terreno. Annusò il suo odore e capì che era antico, ma non quanto il Verme.
    Non parlò, mettendosi seduta sulla propria "tana", decidendo di dare la sua attenzione ad altro. Si portò la zampa al muso, iniziando a leccarsi via il terreno imprigionato fra le scaglie, risalendo poi fino alla spalla, abbassando il muso per dedicarsi all'ala.
    Proprio se ne fregava di quei due draghi di fronte a lei perché sapeva che li avrebbe piegati come e quando voleva.
     
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    Non diede segno d'irritazione a tale comportamento da parte della femmina, anche se sostava immobile di fronte a lei, in attesa che smettesse di fare i porci comodi ed iniziasse a dargli un minimo retta.
    Ma questo non sembrava essere nei piani di Emariel, che con tanta noncuranza proseguì nel farsi letteralmente "il bagno", dando lappate precise e lente alle zampe.
    Sapeva che dietro di se vi era Ioneglai, e ne avvertì l'essenza di drago, preso forma in questa maniera in disparte, per godersi lo spettacolo.

    Il Nero portò le braccia ad incrociarsi e studiò i movimenti della femmina, poco prima di far schioccare la lingua contro il palato con fare annoiato.
    -Che spreco...dopo tanto viaggiare e peregrinare alla ricerca di una tale meraviglia, tutto ciò che trovo è un gatto che si liscia il pelo. Il macello apportato a questo continente non è neanche lontanamente comparabile ad un intelligenza tipicamente draconica. Ecco quello che hai fatto, fratello: hai ridotto una mente sopraffina ad una larva, un cucciolo senza spina dorsale.- Le parole che uscirono dalle labbra di Ancalagon erano aspre e sottili, pronunciate in lingua antica che da ormai Ere non aveva più utilizzato.

    Il draconico aveva il suo fascino, suoni gutturali e magnifici che avevano il potere di rendere il resto del mondo sillabe da poppanti e versetti inutili.

    Con sguardo serio studiò ancora per qualche minuto le movenze di Emariel, e successivamente spostò il peso dell'intero corpo sulla gamba destra, guardandola con sufficienza.
    Gli occhi d'amaranto vestiti seguivano ogni singola scaglia, ricordando perfettamente quanto fosse magnifica la creatura che fu la prima femmina del branco, ma tale dimostrazione di nullafacenza diedero smacco al Nero di pronunciare tale seccatura.
    -E chissà se è anche capace di pronunciare sillaba, costei...- Continuò, quasi rivolgendosi al fratello, in realtà più a se stesso, mentre contava ogni singolo minuto, allerta come pochi in quella situazione al limite del normale. -Se ne fosse capace avrebbe più fegato a dar dimostrazione del suo potere, portandosi alla mia altezza, piuttosto che pavoneggiarsi in codesta forma. Ma ignorante come può apparire, poverina, cosa possiamo aspettarci?-
     
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    Quelle parole, segno d'arroganza, non le piacquero per nulla. Improvvisamente terminò le lappate, osservando ad occhi stretti la bestiola infima che tanto si prendeva gioco di lei ai suoi piedi.
    Ancalagon... Non era la prima volta che udì quel nome ed un sorriso si dipinse fra le squame incolori. Ricordò quel non morto, che parlava della spada e del compito che quel Ioneglai le aveva imposto.
    Dunque decise di accontentare quel drago, diventando umana. La giacca nera in scaglie le fasciava il busto con naturale grazia, mentre le gambe eran fasciate da pantaloni in pelle, resi lucidi dal riflesso del ghiaccio sotto i suoi piedi.
    Fece qualche passo verso il suo interlocutore, permettendo agli stivali di ticchettare sopra le pietre. Allungò una mano verso Ioneglai, nemmeno si degnò di rivolgergli sguardo, e lo tramutò in una scultura di ghiaccio.
    Gli occhi eran fissi su quell'Ancalagon che tanto pensava di sapere su di lei.

    - Tu. Ti presenti al mio cospetto senza invito, vestito di pelle umana e peli, nel mio territorio. E ti prendi beffa di me sapendo che bastava un mio respiro per ucciderti. Ammirevole il tuo coraggio quanto ammirevole è la tua stupidità -, disse in draconico incrociando le braccia al petto e lasciandosi in una posizione sfiancata. I capelli, per nulla paragonabili all'oro di un tempo, eran ben tirati all'indietro, in uno chignon dai riflessi cristallini. La sua pelle persino, pareva di ghiaccio.

    - Dunque, prima che decida di ucciderti e porre fine alla tua inutile esistenza, dimmi cosa ti ha spinto a destarmi dal mio sonno -, non era stupida, sapeva che lui celava qualcosa dietro alla faccia da schiaffi ed i riccioli caramello. E se quel Ioneglai lo voleva morto un motivo esisteva. Forse un drago ribelle o forse, più logicamente, un drago che all'altro risultava scomodo. Iniziò a passeggiare, lasciando che le mani gli ciondolassero per i fianchi, sapendo bene dove la spada era nascosta.

    - Sembra che tu mi conosca molto bene e mi domando come sia possibile, visto e considerato che non mi son mai mossa di qua, non sarai mica un indovino? -
     
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    Ignorò bellamente ciò che successe al fratello, più interessato alla presa di forma della femmina, che si fece finalmente a grandezza di umano e parlò con propria voce con tale arroganza e superbia da superare quasi il suo ego.
    Il Nero non mosse comunque muscolo, a parte un appena accennato sorriso derisorio, che fu lesto a sparire, lasciando così la serietà sulla pelle del viso.

    Quando lei tacque, fu il suo turno di parlare e non si risparmiò il sarcasmo quanto l'arguzia di darle sui nervi.
    -Morire per tuo respiro? Mia cara, se vogliamo parlare di quanto il drago che poc'anzi ti ha affrontato e ha ovviamente perso, non è da comparare di sicuro alla mia persona. Non peccare di vanità, perchè stonerebbe sul tuo bel faccino.- Le parole proseguivano nella lingua dei draghi, comprendendo quanto i vocaboli in lingua comune non fossero incorporati nell'intelligenza della femmina, al suo stadio originale.

    Lasciò che Emariel gli girarre attorno, come una perfetta predatrice con il proprio giochino, peccato che lui non fosse tipo da farsi sottomettere dalle sue azioni o parole, e mai lo sarebbe stato.
    Il vero Ancalagon era riaffiorato da quando aveva posato piede su quella landa dimenticata dai Valar e dal mondo intero, ed era stato solo per inerzia che non aveva preso forma originaria, e non per prudenza.

    Sentirsi dire dalla femmina che un solo suo fiato o sua volontà lui sarebbe potuto soccombere lo fece in definitiva quasi scoppiare a ridere, con tale divertimento che dagli occhi sarebbero scese lacrime di genuinità.
    Eppure vi era da tenere a freno la lingua di tale dimostrazione del Primo di ilarità, perchè l'essenza che ora si poteva quasi avvertire, proveniente dal semplice corpo umano, maschera di cammuffamento, era fredda e pericolosa.

    -Beffa della tua persona, mai parole furono più precise...fin da quando il tuo respiro ha avuto l'ardire di tangere la mia stessa aria è stato mio compito prendermi gioco della tua personalità pizzicante. Oh no, non sono indovino ma tu smemorata, per colpa di quel ghiacciolo immobile poco più in là- Fece cenno con la testa a Ioneglai, impossibilitato a dar forma alle parole, proseguendo comunque subito con il discorso. -Il tuo letargo dovrà essere rimandato, almeno fino a quando non avrai ben compreso la situazione che s'è venuta a creare, sempre per colpa del mio congiunto. Perfetta all'esterno è la tua essenza, ma pecchi di semplicità, di selvaggia natura senza intelletto sopraffino, come già prima ho avuto modo di sottolineare. Si, posso sembrare stupido, ma fra i due colei che sarebbe persa senza una guida sei tu. Pondero appieno le mie parole e azioni e so per certo che qualunque tua mossa futura comporterà a te stessa una conseguenza terribile, e se ora non ti rendi conto del fatto, lo saprai subito dopo.-

    -Dimmi, colei che regna sul nulla, cosa sai del mondo che ti circonda e di ciò che ti attende appena superata la soglia della curiosità? Hai intenzione di pigrare fino alla fine dei tempi su quella bassa lega di terra o scivolerai all'esterno, attirandoti addosso l'ira di coloro che plasmarono la vita? Non hai domande per te stessa? Ti senti perfetta, quando la tua intera vita non è altro che una completa incognita?- Fece, portando il capo appena inclinato di lato, posando per bene la situazione, mentre gli occhi rossi vibrarono di compiacimento e la cupa essenza avvolgeva la propria persona, come un manto di terribile coscienza.
     
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    Lo guardò, oramai ferma ed immobile nella sua posizione. Quel pomposo drago la stava sfidando ed era palpabile nell'aria il suo senso di derisione.
    A lei.
    Cercò d'incanalare l'ira, mentre indietreggiò fino a raggiungere un punto ben preciso. S'inchinò e la mano destra penetrò nel terreno come se questo fosse stato di burro. Ne estrasse la famigerata spada e la fece oscillare davanti al viso.

    - Cosa farò, mi chiedi? Per prima cosa tu morirai. In secondo luogo, non appena mi sarò stufata di quest'isola, andrò altrove. Non so cosa ci sia al di fuori di qua, e francamente m'interessa ben poco. Ma se un giorno la mia curosità si dovesse ridestare temo che per gli altri inizieranno giorni cupi -, innarcò un sopracciglio, avvicinandosi ad Ancalagon lasciando che la lama sfregasse contro il ghiaccio.

    - Mi sento perfetta perché la sono, no? Trova un altro essere grande come me, potente come me. Impossibile. Non esiste altro al mondo che mi possa equiguagliare. Dunque perché incuriosirmi? So bene che tu temi che io m0innalzi in volo e viaggi verso gli altri continenti, loro lo temevano. Ma io sono nata drago e non rimarrò in pelli che non mi appartengono. Ora, ridi pure, ma guardami quando la morte verrà a prenderti, Nero -.

    Non seppe perché usò quell'appellativo con lui, forse per le vesti scure o forse perché un nome antico le era riaffiorato. Si avvicinò impiantando la spada nella roccia. Sapeva che né lui né nessun altro poteva estrarla dal terreno, quindi non ebbe timore di perderla.

    - Allora, Ancalagon "so tutto io", sai dirmi cos'è questa? -, chiese riferendosi alla spada.
     
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    Quando lei portò alla luce la spada, solo un fremito percorse la schiena dell'Antico, ma nessuna altra emozione trasparì dal viso del drago, mentre l'altra si faceva vicina, con quell'arma stretta in pugno.
    Allargò le braccia con fare canzonatorio, guardando il cielo.
    -Alzati pure in volo, se tanto credi di poter essere invincibile. Sarà un piacere osservare il tuo corpo innalzarsi nel cielo terso di un pomeriggio morente e scivolare poi in polvere nel mare, inabissandosi come un sasso lanciato da un bambino.- Alle parole seguì un versetto divertito, rimanendo impassibile sul posto. -Credi davvero che io sia venuto fin qui per giocare di supremazia? Bambina, sei sciocca quanto impudente. Io so d'essere più forte di te e molto più astuto, poiché tu hai mente contorta di cucciolo appena nato, che soffia e annusa il mondo in cerca del prossimo divertimento, mentre io sono qui da troppo tempo per lasciarmi sopraffare da tale scempio.-

    Fece qualche passo, non dando segno di nervosismo o altro, anche se la lama dava quasi un aura palpabile, capace di renderlo attento e divertito.
    -Un bel giocattolino, non c'è che dire. Ecco il motivo per cui tu ti trovi qui e tutto questo sta succedendo. Amore fraterno, ecco come lo chiamavano. Avrei dovuto strappare un cuore pulsante dal corpo del mio consanguineo quando ha emesso l'ultimo vagito, pochi istanti fa.-
    Si leccò le labbra, passandosele con fare lento e perfetto, guardando dritto negli occhi la femmina.
    -Io non temo niente. Come ti ho detto, fai quello che vuoi, prendi in volo. Se pensi che io non posso eguagliarti, beh, pecchi di ignoranza. Forse mi divertirei di più nel sentire la tua essenza spegnersi in un soffio. E credimi, accadrebbe e non per mia mano.-

    Socchiuse gli occhi e le si avvicinò, ignorando la spada e tutto ciò che avrebbe comportato tale movenze da parte di lei, affilando il sorriso di schiaffi.
    -Io e la morte ci siamo già abbracciati e siamo stati amanti una volta. Non vedrebbe l'ora di sospirare sulla mia pelle squamosa e ricevere le mie attenzioni, dunque non temo neanche questa. E se uccidermi ti porterà beneficio, fallo. Ma non piangere poi sul latte versato, perché ignorante sei e ignorante rimarrai, senza la mia favella. E pensare che un tempo mi rendevi curioso di scoprirti squama dopo squama...- Fece con fare annoiato, guardandola dall'alto al basso.
     
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    Una parola. Solo una parola in tutto quell'ammasso di farfugliamenti ebbe il potere di farle risalire su per la gola tanta rabbia quanta veemenza. Gli diede uno schiaffo in piena guancia, aggrottando la fronte. Non seppe neppure perché lo fece ma quella parola, quell'"amante", le provocò un forte dolore al petto che sentiva la necessità di liberare.
    Prese la spada e la puntò contro al petto dell'altro.

    - Non m'interessano le tue parole, non m'interessa minimamente cosa tu pensi di me o cosa credi di sapere sul mio conto. Ti reputi forte eppure temi persino di tramutarti... Cos'é, sei persino più piccolo di quei vermi che han tentato di fermarmi? La verità, Ancalagon, è che tu non sai chi hai di fronte. Sono più debole di te, dici, eppure hai mai litigato con me? -

    Premette la lama contro la pelle della giacca, convinta più che mai ad ucciderlo.

    - La tua vita dipende da me. Quindi, se davvero ci tieni, ti consiglio di andartene ora -, suggerì mentre la mano libera venne aperta, vicino al fianco di lui, pronta a rilasciare una nuova ondata di ghiaccio.
     
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    Il volto rimase imperturbabile e fermo, tranne per le labbra che si aprirono per smuovere la mandibola.
    -Sei suscettibile a qualcosa, per caso? Mi chiedo cosa può averti fatto reagire così di colpo, di tutto il mio discorso.- Ci pensò falsamente su, mentre sentiva la lama contro il suo petto, senza curarsene.

    Giocava con lei, un tira e molla mortale, come da sempre aveva fatto, e fu per questo che non diede peso alla sua minaccia, schioccando la lingua contro al palato, mentre teneva le braccia larghe dal busto.
    -Sai perchè non mi trasformo, Emariel? Per diversi motivi, in effetti, tra i quali l'ira di coloro che ci hanno fino ad ora lasciati in vita e per evitare un gran caos futuro. Se io dovessi prendere forma draconica, ne tu ne questo sputo di mondo chiamato Arda sopravviverebbe ad anni di repressione.-

    Ed era fondamentalmente vero.

    Con un unica forma riusciva a canalizzare così tanto potere e frustrazione, in gesti semplici e sonnolenti, ma dar via libera alla propria essenza avrebbe dato la possibilità alla bestia di prendere il sopravvento e la furia di tornare selvaggia ad imperversare per quel mondo già di per se allo scatafascio.

    -Questo posto mi piace, anche se ha le sue pecche, e vorrei evitare di renderlo un colabrodo. Litigato con te? Ma se fino a qualche minuto fa non mi conoscevi...o sbaglio?- Un sorriso ferino venne assunto dalle labbra e il busto rimase immobile, mentre il resto della mente si focalizzava sulla femmina.
    Un briciolo della sua essenza fu liberata, come un onda sul bagnasciuga, un serpeggiamento perfetto verso di lei.

    -Mi senti, ma belle? Non sfidarmi...io non sono un vermiciattolo, né il compagno di stupidi giochi...io sono l'incubo che pigramente attende sotto al letto, che scuote fin nelle viscere le coscienze di coloro che temono l'oscurità o che l'abbracciano loro stessi. E non dipende di certo da te, la mia vita. Ma torniamo a ciò che ti da fastidio.- Passò da un discorso all'altro senza freno, leccandosi le labbra -Pensi che con un amante starei bene? Potrei scegliere diversi espediente, una volta fuggito via da questo piccolo angolo di paradiso perduto. Ci sono tanti frutti da cogliere sul continente vicino, sai?-
     
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    Ascoltò le sue parole percependo l'ira crescerle. La lama penetrò nella carne di qualche millimetro, ma il giusto da iniziare a farlo sanguinare.
    Le gocce attraversarono il metallo, cadendo lente e spinte dalla forza di gravità, fin a creare una pozza fra i piedi di lui. La guardò quasi interessata, osservando poi il sangue tuffarsi nel vermiglio che risaltava sul cristallo ai loro piedi.
    Ed il suo sguardo parve contarle.

    Lo guardò poi, a labbra strette, - e perché pensi che dovrebbe interessarmi con chi vai a letto? Puoi avere tutte le amanti che vuoi! Si vede da quella faccia beffarda che non sei un essere fedele. -

    Sospirò, estraendo la lama dal suo petto per inforcarla nuovamente nel terreno.
    Non capiva perché sentiva fastidio, ma era un susseguirsi di sentimenti contrastanti, incontrollabili.
    Scosse la testa, guardando la ferita richiudersi. Certo, lo sapeva. D'altrocanto anche lei aveva quegli stessi poteri. Dunque era possibile che erano uguali? O come diceva l'altro, lei era veramente più debole di lui?


    Mosse appena la punta del naso, non scoraggiandosi ma mostrandosi nuovamente dura e testarda.

    - Vattene Ancalagon, ma io non posso seguirti. -
     
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    -Si non sono un essere fedele, e non lo sarò mai, a detta della mia compagna perduta.- Mormorò senza indietreggiare o fare qualcosa per impedire alla lama di ledere la sua pelle.
    Pungente era la sensazione, vibrante e quasi bruciante, mentre quella spada dava solo un assaggio delle sue capacità, di qualche millimetro oltre la soglia della superficie.

    Il silenzio era tangibile e le gocce arrivarono anche alla sua mente, dandogli il vago ricordo di un passato mai dimenticato davvero, fino a quando la femmina non ritirò l'arma e non gli rifilò quelle parole.
    Abbassò le braccia, riportandole parallele al corpo, mantenendo lo sguardo superbo di fronte alla femmina.
    -E perdermi il divertimento della tua disfatta? Sarei uno sciocco a lasciarti indietro, anche se l'idea mi è balenata per un momento nel cervello, vedendo la tua debolezza. Per quanto perseguiti a dire che sei la più forte, la perfezione fatta a drago, ai miei occhi rimani una singola briciola inconsistente, incapace di affrontare davvero una conversazione con me. Dimmi Emariel, tornerai a dormire, una volta che i miei passi mi porteranno lontano?-

    Si passò una mano sulla camicia, come a spolverarla da una polvere invisibile, mentre le dita si macchiarono appena di rossa linfa vitale, lo stesso terribile colore presente nelle iridi del Nero.
    -Che spreco...tanto perfetta quanto noiosa. Perchè non provi a passare il tempo in maniera costruttiva, magari ferma a contare il lento gocciolio della tua inutilità. Tanto magnifica quanto sola. Lo senti? Quel barlume di soddisfazione che prende e si dissolve?-

    Detto ciò si girò, le diede le spalle, iniziando a camminare con molta lentezza, passo dopo passo, ben ponderato nella sua mente, avvertendo l'essenza della femmina dietro di se.
    -Quando capirai di essere te stessa un inutile esserino, prenderai quella stessa spada e metterai fine alla tua vita ignorante.-
     
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    Non l'aveva mai colpita, no. Per questo non riusciva a spiegarsi quel bruciore, quel dolore al petto che per tutto il suo discorso non la fece respirare. Stava male, molto male e guardò l'arma mentre per la testa gli passava davvero in considerazione l'idea di uccidersi.
    Ma non poteva farlo, lei non era così codarda.
    Schiuse le labbra guardando la schiena dell'altro allontanarsi e un paio di lacrime iniziarono a rigargli il viso. Erano davvero calde e quella era la prima volta che le sentiva sulla pelle, o almeno, non ricordava più l'effetto che facevano.

    Nella sua mente riaffiorarono ricordi lontani, offuscati, galleggiavano nel cervello in un'acqua nera, non filtrata. Scosse la testa e si ricordò che forse, quell'Ancalagon, aveva condiviso con lei più di qualche manciata d'ora.

    Però forse, dalle sue parole, non contava più di tanto nella sua vita e questo pensiero la destabilizzò. Si morsicò il labbro inferiore, mentre il ghiaccio attorno a Ioneglai si sciolse.
    Deglutì a fatica, per schiarire la voce, in modo da non farla tremare.

    - E... ehi -, gridò per riattirare la sua attenzione rimanendo ferma sul posto, - è meglio che ti porti via quest'arma... Così se ti sembro tanto inutile puoi uccidermi tu stesso, no? -

    Non lo temeva, non temeva nemmeno di morire poiché non aveva nulla da perdere, anche se quell'idea iniziava a spaventarla. C'era un qualcosa disperso nel mondo che le apparteneva, un qualcosa di piccolo che sentiva aveva bisogno di lei.

    Quindi riprese possesso della spada, prendendola poi per la lama, dando l'elsa verso il Nero.

    - Salva il mondo da un obrobrio inutile qual son io, visto che non riesco a compiacere i tuoi ideali di grandezza... -, non sapeva chi stava parlando in quel momento, si sentiva dentro ma allo stesso tempo fuori dal suo corpo. Non sentiva nulla ma al contempo molto e questo la spaventava.
    Il ghiaccio pian piano veniva assorbito dalla terra, quasi come se il sole avesse riaquistato la forza necessaria a farlo sciogliere, ma non del tutto.

    - Prendila e vattene, io sono troppo stupida per vivere nel tuo mondo. -
     
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    Quel richiamo tremulo lo fece fermare ma non ancora girare, fino a che non sentì ulteriori parole; così il Nero torse appena il busto per poter lanciare uno sguardo alle sue spalle, dove persisteva la femmina.

    Qualcosa di indefinito la stava scuotendo e il drago non disse nulla, ripercorrendo la strada per tornarle di fronte ed ascoltò ciò che lei aveva ancora da dire, studiando la lama che gli veniva così gentilmente concessa.
    Afferrò l'elsa, avvertendo un potere preciso, sopito e pronto a venire a galla nel momento opportuno, e lanciò un breve sguardo ad Emariel, quasi incline alla decisione presa di farsi recidere la vita da quel personaggio che non conosceva ma che sapeva di aver già incontrato.

    Il Nero brandì l'arma e la tenne parallela al suo corpo, mentre le iridi vermiglie studiavano brevemente dall'alto verso il basso la creatura che aveva di fronte, prima di avvicinarsi a lei e posarle due dita sotto al mento, così da guardarla dritta in volto, sentendo la bestia sopirsi nel più profondo recesso della sua essenza.
    Un cielo terso riprese possesso del suo sguardo e un pigro sorriso comparve sulla sua faccia da schiaffi.

    -Ma belle, un po' stupida la sei, perché ti lasci troppo spesso afferrare dalle emozioni. Ma se non fossi così interessante, non saresti la mia compagna di vita.- Disse, infilzando la spada nel terreno, sapendo perfettamente che un occasione del genere non gli si sarebbe ripresentata nella sua esistenza. -Vogliamo smettere di fare le sostenute e tornare al fuoco vivo che brucia le membra, invece di questo pungente gelo? Sai, Oltremare mi piace, ma il calore delle tue fiamme è l'unico vero piacere di cui non potrei mai fare a meno.-
     
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    Lo guardò tornare indietro ed un sospiro di sollievo uscì dalle sue labbra. Gli diede la spada placida come non la era mai stata. Tirò un breve sorriso quando lui le poggiò le dita sotto al mento, ma poi questo scomparve.

    - Mi dispiace...-, disse a bassa voce con la spada già in mano, - mi dispiace davvero tanto...- e la lama perforò lo sterno di Ancalagon mentre il sorriso tornò a deturparle il volto, - mi dispiace per te, per quanto sei stupido e sentimentale! -

    Lo vide accasciarsi a terra e lo scavalcò mantenendo ben salda la spada. Ora la sapeva controllare, per questo motivo Ancalagon riuscì a tenerla in mano.
    Povero stupido, cosa pensava di fare? Riempirla così di parole insulse e senza significato? ricoprirla di insulti e pensare pure di passarla franca?

    Guardò Ioneglai fuggire e fu facile per lei squarciare il terreno, facendolo risucchiare dalle viscere.
    Si girò, tornando vicina ad Ancalagon che ancora agonizzava sulla lastra. Vide il suo sangue colorare il ghiaccio e fu ben attenta a non toccarlo poiché sapeva che il sangue di drago poteva avere poteri anche sui simili.

    - Ma guardati... Ti proclamavi indistruttibile eppure sei stato raggirato dalla femmina più inutile dell'universo... E pensare che stavo iniziando a trovarti interessante. -
     
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    Il colpo fu terribile, il dolore si propagò per tutto il corpo e non fu facile mantenere il sorriso sulle labbra, mentre il sangue iniziò a macchiare la stoffa già scura, rendendola di un colore ancora più cupo.
    -Ah, ma belle...- Soffiò fuori con fatica, sentendo le gambe cedere e il terreno avvicinarsi pericolosamente, facendogli tornare prepotentemente il ricordo di un altra caduta, di un altro dolore e dell'abbraccio della morte.

    Per due volte stolto e sciocco per colpa di una femmina, la stessa dannata femmina che aveva giocato troppo con il fuoco, suo elemento.

    Chiuse gli occhi, tossendo sangue, stringendo nel pugno della destra ghiaccio e terra, mentre avvertiva la terra tremare e l'imprecazione mista a urlo del fratello raggiungergli i sensi, di sicuro in procinto di fare una fine assai simile alla sua, per colpa di ciò che aveva creato.

    Steso dunque con la schiena contro il terreno, osservò la femmina torreggiare su di lui, mentre una mano premeva alla ferita inferta dalla lama di quella dannata spada, che se avesse potuto avrebbe seppellito nel punto più profondo dell'oceano.
    Le parole di lei gli strapparono un suono gutturale, simile ad una risata, un latrato sofferente che gli fece chiudere gli occhi di un azzurro opaco e trasformare il viso in un misto di sofferenza e divertimento.
    -E' la storia più vecchia del mondo, Emariel...del maschio che soccombe per la beltà della femmina. Eppure...a conti fatti..- Trasse un respiro sofferto, mentre le palpebre tremarono e tornarono ad aprirsi, lasciando che le iridi tornassero a posarsi su Emariel -Quella che ne soffrirà sempre sarà colei che ha mosso tale azione sconsiderata...e la piccola che attende la propria madre.-

    Si leccò le labbra con un gesto lento, avvertendo il sapore del suo stesso sangue, mentre il dolore s'era fatto quasi inconsistente e placido in tutti i suoi nervi.
    Ah, quanto aveva dimenticato il dolce oblio della non esistenza, della morte precoce e tanto attesa.
    -E' così piacevole chiudere gli occhi, dopo tanto...Tanto tempo. Senza dover più contare il passaggio dei secondi...Forse dovrei ringraziarti, Emariel...- Non ebbe più tempo di poter riferire altro, di soffiar fuori anche solo un piacevole rammarico di non aver avuto il sapore delle sue labbra sulle proprie.

    L'essenza si spense in un battito di ciglia e il corpo risultò immobile e senza più alito di vita.
     
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    Il silenzio finalmente regnò, raggiungendo il suo udito. Inalò l'odore della vittoria e sorrise compiaciuta per il suo operato. Ma non appena riabbassò gli occhi un senso di dolore acuto la invase.
    Era vero questa volta, quasi palpabile. Era come se qualcuno l'avesse colpita in pieno petto e avesse lasciato del sale sulla ferita. Le pupille iniziarono a tremare, mentre si ritrovò (senza neppure sare quando accadde), in ginocchio davanti ad Ancalagon.

    Lo smosse appena con la mano e lo chiamò debolmente, - smettila... ti ho colpito in un punto per nulla mortale...-, disse agitandolo piano, - Ancalagon... - pronunciò ancora, smuovendolo con più vigore.

    E pian piano qualcosa riaffiorò. Ora i ricordi non apparivano più masse inconsistenti e senza significato, no. Ora quasi tutto era illuminato da una luce nuova che percepiva nascerle dal profondo dello stomaco.

    Che cosa aveva fatto...

    - Anca... Anca...-, ripetè sballottandolo e avvicinandosi a lui per sentire se c'era ancora il respiro.

    No. Era andato via.

    Si morsicò il polso, dilaniando i nervi e la carne. Non importava poiché il sangue iniziò a grondare dall'arto, bagnando il viso del Nero. Scivolarono alcune gocce fra le sue labbra ed attese qualche secondo senza risultato.

    - No no no no no... Avevi detto che non mi avresti fatto più uno scherzo simile! -, riprese a dire in preda al panico. Iniziò ad unire le labbra con quelle del maschio, soffiandogli in corpo vita, - ti prego ti prego ti prego, Anca... -
     
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