La disgregazione del maleficio di Sauron

Yuvon / Lenwe

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  1. Yuvon Lómelindë
     
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    Sebbene la vita ad Eldanna pareva trascorrere calma e pacifica, vi era una persona in tutta l'isola che, da un paio di settimane a quella parte, era poco in sintonia con il mondo a lei attorno.
    Yuvon era un'anima gentile e rispettosa, in quegli anni aveva dato molto agli elfi di Eldanna ed essi avevano ricambiato l'affetto dimostrato con altro affetto. Poco importava la carica che aveva ereditato da quando Lenwe decise di ufficializzare la loro unione, Yuvon da sempre si riteneva uguale a tutti gli esseri viventi, preferendo trascorrere le giornate parlando con loro anziché rimanere rinchiusa in quattro mura.
    Così si era fatta carico dei loro problemi, aiutando le elfe del villaggio a superare momenti di crisi, o supportandole nel parto improvvisandosi ostetrica.
    D'altronde l'esperienza aveva dato i suoi frutti e, in mille anni trascorsi sulla terra, di nascite ne aveva viste parecchie.
    Continuava anche ad aiutare i soldati feriti, accompagnandoli nella riabilitazione e nell'inserimento nella vita sociale.
    Insomma, Yuvon si era dimostrata fondamentale per la comunità di Eldanna.

    Ma qualcosa ultimamente non pareva filare nel migliore dei modi.
    Incubi ricorrenti non le permettevano un sonno tranquillo, dolori alle ossa parevano limitare i suoi movimenti durante la giornata, e come sempre preferì tenere per sé i problemi, piuttosto che farli pesare a chi amava.
    Quel giorno, affacciata alla finestra con in grembo l'ormai fedele iguana, osservava placida il mercato che si diramava al di sotto il suo sguardo soddisfatto. La poltrona sulla quale era seduta era abbastanza ampia da accoglierle ambedue le gambe, niente pareva poter turbare la sua serenità.

    Ma improvvisamente un ricordo che giurò non le appartenesse. Una terra sconosciuta ai suoi occhi millenari spaccò la realtà che stava osservando, catapultandola in un giorno e in un'epoca a lei dimenticate.


    - Ainwen! Ainwen! -, una donna alle sue spalle ripeteva quel nome, così che Yuvon dovette girarsi per forza.

    - Ainwen! Perché non mi rispondi quando ti chiamo?! -

    La donna si avvicinò a lei, prendendola per mano, accompagnandola all'interno di un palazzo.
    Quella donna Yuvon la riconobbe, si trattava di Varda.

    Poi tutto d'un tratto il buio totale. Quella mano che la teneva con delicatezza sparì e Yuvon sentì un vuoto gravargli sul petto.
    Fiamme, urla dolore, improvvisamente la guerra scoppiò nella sua anima a tal punto da doversi coprire le orecchie con i palmi.
    Sauron comparve ed improvvisamente percepì i millenni solcarle il volto.

    Si alzò dalla poltrona, ma gli sforzi furono vani poiché cadde con le ginocchia a terra mentre ancora premeva le mani contro le orecchie.

    - LENWE! -, urlò il nome dell'elfo, sperando vivamente che qualcuno potesse ascoltarla.

    Ed improvvisamente la sua pelle mutò, le cicatrici che il corpo umano riportava svanirono, i suoi occhi divennero di un blu sconosciuto ad occhi umani ed il potere del suo sangue scomparve.
     
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  2. Lenwë Tyrothir
     
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    Intrecciò con pazienza e abilità la rete, seguendo un filo logico nei movimenti, sotto l'attento sguardo del giovane seduto di fronte a lui. lo stesso pareva emulare la gestualità appresa, mentre il profumo di salsedine l'investì all'ennesima risacca contro gli scogli del porto di pietra naturale.
    Non pareva ci fosse bisogno di parole fra i due, mentre il tono melodioso di una fanciulla s'aggiungeva al resto delle altre ancelle che la circondavano nel rimirare un cesto di conchiglie variopinte.
    Alcune più piccole decoravano il crine bruno, sapientemente intrecciato in morbidi ghirigori, lasciando che il viso, tondo e levigato, potesse essere esposto allo sguardo dei concittadini ivi riuniti.

    Il Telero picchiettò con una estremità della rete il figlio più grande, vedendone i ricci scuri scattare come molla, quando il viso di questo poté tornare a guardare il padre, ligio al compito che stavano eseguendo.
    - Sei sempre fra le nuvole, Thalion. Il presente è qui, ora, e ti stai semplicemente ingarbugliando la tua parte di rete. Sei intenzionato a prenderci i granchi, con quella? - Domandò l'elfo, ricevendo dal figlio un cenno negativo, prima che riprendesse a slegare il pasticcio combinato, per ricominciare da capo.
    Lenwe rilasciò un breve respiro silenzioso, prima di volgere lo sguardo verso la fanciulla dal crine decorato di conchiglie e ninnoli d'argento. Più giovane del fratello primogenito, Melime stava accogliendo tutta la beltà della madre, anche se di bambina ancora si parlava.

    Delle risate provennero dal gruppetto di femmine e Lenwe storse appena il capo, tornando a prestare attenzione all'operato del figlio, prima che qualcosa attirasse i suoi sensi.
    S'alzò, lesto come un fulmine, poggiando la mano sul capo ricciolo di Thalion, superando a grandi falcate la piazzola antecedente la splendida costruzione a guardia delle coste, dove ormai dimorava in pianta stabile con Yuvon.

    Ne era certo, l'aveva sentita.

    A gran voce chiamava il suo nome e lui fu in procinto di superare l'uscio ed essere da lei, se l'iguana non avesse deciso di aggrovigliarsi ai suoi piedi.
    Evitò di tirar giù i Valar, poiché non era rispettoso e nella sua natura, scalciando via la bestiola dal suo cammino, ponendosi così di fronte alla ragazza.
    - Cosa succ... - Difensiva fu assunta dal Telero, al rendersi conto della diversità della creatura di fronte a lui. Rigido il busto, stette a rimirarla, celando nel battito ferreo del cuore un presentimento già ponderato in passato.
     
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  3. Yuvon Lómelindë
     
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    Yuvon alzò lo sguardo sul marito apparso nella stanza. Quando era entrato non se lo seppe dire, troppo sotto shock su quanto accaduto. Si sentiva diversa, in fin dei conti la era, e non ne capiva il motivo. Che fosse sempre Sauron a giocare con la sua povera anima?
    Si rialzò mentre tutto le appariva sfuocato, i rumori raggiungevano il suo udito in modo ovattato e la sua mente cercava di dare una risposta razionale su quanto successo.
    Eppure Sauron, così le era stato detto, non poteva aver nessun potere in quelle terre lontane dagli occhi dei Valar...
    Si sedette sul materasso, mentre calmava il respiro e tutto improvvisamente risultava lucido.

    - Io non so... cosa sia successo Lenwe... ho paura perché non so chi sono...-, rivelò con la voce rotta dalla preoccupazione e dallo spavento che incombevano nel suo animo.

    In realtà sentiva bene a chi ora apparteneva, a quale tipo di razza se così la si vuol nominare. Sentiva il potere dei millenni scorrerle sotto le vene, mentre ricordi antichi le provocavano un terribile mal di testa, catapultandosi l'uno dietro l'altro nel suo cervello.

    - Cosa devo fare... Perché...-
     
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  4. Lenwë Tyrothir
     
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    - Ainwen. Questo è il tuo vero nome, la tua vera esistenza. -Fu la risposta di lui, rimanendo immobile mentre lei si portava seduta sul materasso; Lenwe fece qualche passo, rimanendo a distanza mentre le braccia sostavano parallele al busto rigido.

    Soppesò le sue stesse parole con attenzione, rendendosi conto che ogni tassello di quel puzzle intricato stessero man a mano andando ad incastrarsi nella sua memoria e nel suo presente.
    - Ho avuto il dubbio fin dal nostro primo incontro qui, ad Eldanna: non è stato davvero così per me, anche se tu ne eri convinta. - Le rivelò con calma, cercando di essere il più delicato possibile nel farle rendere conto di quanto le fosse stato taciuto.
    - Molto tempo fa, quando ancora il mondo era acerbo e la Terra di Mezzo si stava recuperando da una guerra pressante, io vivevo presso Numenor: qui una fanciulla era nascosta al resto del mondo, sotto ordine del re Ar-Pharazôn e il suo nome era Ainwen. -

    Nel mentre che le parlava con pacatezza e cautela, Lenwe sostò di fronte a lei ora a braccia congiunte, ripensando a momenti persi nella memoria di una terra fattasi polvere.
    - Non collegai, in quei giorni, quanto fossi in realtà importante. - Esordì con sincerità, umettandosi quel poco le labbra con fare pensieroso.
    E le narrò del loro incontro, del suo aspetto e della sua personalità. Tutto fuorché l'umana che s'era presentata ad Eldanna secoli dopo.
    Prese infine posto sulla sedia, congiungendo le mani in un'attimo di ripresa di pensieri, guardando fisso il pavimento.

    - Sauron ha fatto tutto ciò, ti ha strappato dalla tua vera casa. Le parole di molti si sovrapposero nel tempo, canti si narrarono nelle corti degli elfi o fra quei viandanti con cui entravo sporadicamente in contatto. Il ratto della figlia del cielo. - Diede infine atto a ciò che Yuvon aveva bisogno di sentire, per trovare forse una calma apparente al trambusto dei suoi sentimenti.
     
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  5. Yuvon Lómelindë
     
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    Quel nome non le risultò affatto nuovo. Erano secoli che riecheggiava nei meandri della sua testa, senza trovare realmente un volto da assegnargli.
    Pensava appartenesse ad un sogno, ad un qualcosa di onirico ed impalpabile, ma invece era ovvio che la realtà dei fatti era del tutto diversa...
    Ascoltò il marito, sebbene faticava a trovare veridicità in quelle parole.
    Non perché lo ritenesse bugiardo, ma invero la sua testa rifiutava l'idea di aver vissuto ere nascosta dietro una menzogna continua.
    Quindi lei e Lenwe già si conoscevano...
    Perché non riusciva a ricordarlo?
    Un forte mal di testa la pervase, ma durò solo una manciata di secondi, prima di alzare nuovamente lo sguardo su Lenwe oramai seduto su una sedia.

    - Tu... hai paura di me? -, domandò percependo un improvviso distacco da parte di lui. Forse era solo una sensazione dovuta allo stato di shock, che accantonò nell'esatto istante in cui la rese pubblica.

    - Oddio... -, una mano venne portata all'altezza dello stomaco mentre verità sconcertanti continuavano a bombardarle la mente, - e Beath? E Bilbo? Loro bevvero il mio sangue... E i nostri figli?! Cosa sono i nostri figli?! -

    Realizzò in quel momento che molto probabilmente doveva trascinarsi sulla coscienza non una, ma ben due vite, oramai sicuramente morte a causa di un dono fatto in buona fede, ma che si tramutò in una condanna a morte.

    - Lenwe sono un mostro...-
     
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  6. Lenwë Tyrothir
     
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    La osservò con calma e serietà, alzandosi quando la donna prese coscienza di fatti avvenuti precedentemente e del quale lei era stata testimone, come protagonista.

    Le andò incontro e calò il peso su un ginocchio, prendendole una mano fra le sue, mentre cercava di raccogliere pensieri assoluti e pazienti, guardandola negli occhi.
    -Perché dovrei averne? Non sei un mostro, Ainwen- Usò apposta quel nome per richiamarla, poiché avrebbe dovuto farci l'abitudine quanto presto, ritrovando così se stessa. -Sei solo un'anima persa in un mondo colmo di rancore e dolore. Il tuo posto è comunque al mio fianco, anche se dovesse giungere lo stesso Manwe al mio cospetto per reclamarti. Non è tua la colpa di ciò che successe.-

    Prese un profondo respiro, comprendendo quanto in buona fede, la vecchia Yuvon, il drago che elargiva consigli e gesti amichevoli, avesse fatto per il bene di altri.
    -Hanno vissuto le loro vite, più del dovuto, Ainwen. Tutti giungono ad un termine, a meno che lo stesso Eru non abbia imposto il contrario. Hai dato a queste persone degli anni preziosi, che loro avranno sicuramente speso nel migliore dei modi. Ma ora l'incantesimo è finito e si deve tornare alla triste realtà della mortalità del corpo.- Scosse appena la testa, sperando che la donna avesse compreso il suo discorso, conoscendola e immaginandosi una sua auto colpevolezza in quella situazione delicata.

    -I nostri figli stanno bene e sono normali: sono elfi immortali, a loro non è data scelta di mortalità, come avresti potuto pensare precedentemente. La tua luce dimora in loro, come la stessa luce di tua madre Varda. Nessun pericolo potrà mai scalfire il loro animo forte, e si faranno grandi e intelligenti, quanto di bell'aspetto.- Produsse parole colme d'orgoglio e amore verso la Valie, tornando a porsi in piedi di fronte a lei, tirandola dolcemente su con se, per accarezzarle una guancia.
     
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  7. Yuvon Lómelindë
     
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    Corrugò la fronte percependo quel nome come proprio, ma così strano, come se l'istinto volesse rispondere la richiamo ma la testa ancora non era pronta.
    E il discorso di Lenwe filava per il verso giusto, come al solito, dannazione...
    Lei aveva sempre agito in buona fede, sentendosi sempre diversa e mal vista dagli altri draghi. Solo ora quell'incomprensione stava ricevendo valenti risposte, quasi come se i tasselli si stavano finalmente allineando.
    Però pareva quasi di scegliere la via più facile così, quasi come a voler trovare per forza una scusante alle sue azioni.

    - Sono troppo gentile e ben disposta nei confronti degli altri, per questo è accaduto... -, disse in un borbottio leggero, alzando lo sguardo in quello di Lenwe, riposto in ginocchio verso di lei.

    Quando il discorso sfociò nei figli un flebile sorriso si dipinse sul suo viso. Effettivamente un punto positivo c'era: non avrebbero dovuto scegliere in futuro verso che fazione stazionarsi, bensì sarebbero rimasti elfi immortali.

    Si alzò, come i gesti di Lenwe suggerirono di fare e chiuse gli occhi quando percepì la sua mano calda contro la sua guancia.

    - Tu hai detto che ci siamo già incontrati, ma io non lo rammento... Quindi chissà che domande ti sarai fatto, posso comprendere la tua perplessità... -, disse sorridendogli prima di avanzare di qualche passo prima di abbracciarlo.

    - Certo che starò sempre qui, che sciocco che sei a volte -, lo rimbeccò bonariamente.
     
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  8. Lenwë Tyrothir
     
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    -Non molta, a dire il vero. Ti ho detto che ci siamo già incontrati, ma la tua natura fu diversa in ben due occasioni.- Le rivelò, guardandola con pensiero placido, accarezzandole una spalla con la stessa mano che le aveva donato affetto alla guancia, discesa nel suo percorso con lentezza.
    -A Numenor avevi sembianze d'elfo femmina, ma il tuo carattere non era troppo lontano da quello che tutt'ora conosco. E invero, nel secondo nostro incrocio di strade, solo io ne ebbi da avvedere, poiché tu eri presa nella tua vita. Già eri drago sotto sembianze umane ed io stetti in silenzio nell'arrovellarmi degli interrogativi che nacquero.-

    La lasciò libera della sua presenza per poter passeggiare per la grande ed accogliente stanza, riportando il passato fra di loro con tono normale e calmo.
    -Non nego di aver avuto diverse perplessità durante questi anni, soprattutto nel rivederti in queste terre sotto forma umana, ma auspicavo in una risposta quanto prima, che alla fine è giunta.-

    Storse successivamente la bocca in una smorfia imprecisa, alle parole che lei rivolse sull'eventuale impossibilità di allontanarsi da lui.
    -Ormai ho fatto il callo con la natura incostante dei Valar, Ainwen: sanno essere capricciosi, sorpassando sui desideri dei mortali per avere ciò che gli spetta. Ho dimorato presso Valinor per anni, prima di rendermene conto davvero, nell'abbagliante certezza che prima di tutto viene il loro volere. Per questo sono pronto a prendere di petto lo stesso Manwe a tale possibilità.-
     
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  9. Yuvon Lómelindë
     
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    Non si lasciò di certo sfuggire quel dettaglio descritto con spicce parole dall'elfo: aveva incrociato i suoi passi quando era drago. Questo poteva essere avvenuto trent'anni prima quanto trecento e non seppe dare una precisa locazione a quell'evento, anche se...
    Ragionandoci sopra Lenwe non rimase poi molto nella Terra di Mezzo, quindi era evidente che l'avesse incrociata quando le sembianze di drago erano ancora novizie in lei.

    Abbassò la testa sospirando, e se la sua natura adesso la portasse a ricercare potere? Il discorso di Lenwe le diede molto da pensare anche se in effetti, anche da drago la natura maligna non prese mai il sopravvento.

    - Spero tu non mi abbia vista tramutata, anche se nella terza era poche volte assunsi quella forma, non mi piaceva particolarmente perché temevo di schiacciare inavvertitamente qualche animale o buttar giù qualche albero... Insomma, grosse dimensioni comportano grosse responsabilità , asserì annuendo al suo discorso, infine si appoggiò con le mani alla cassapanca, osservando da quell'angolazione il marito.

    - Qui ci sono gli dei, comunque, la via dovrebbe essere preclusa ai Valar, non è così? Almeno, mi hai sempre detto così, quindi non bisogna preoccuparsi di una possibile richiesta da parte di Manwe o Varda -

    Edited by Ainwen Lómelindë - 1/2/2020, 22:21
     
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  10. Lenwë Tyrothir
     
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    -E' possibile che ti abbia vista anche in quella forma, chissà. Ho la memoria un po' corta, sai, la vecchiaia...- La prese deliberatamente in giro, osservandola mettersi comoda, mentre lui rimaneva tranquillamente eretto, di fronte a lei.

    Fece qualche passo, tenendo un braccio al petto, con l'altro gomito poggiato sulla mano, mentre la destra si massaggiava il mento, in un continuo pensiero.
    -Anche questo è vero, ma ti dirò: gli "Dei" sono volubili e giocano su una scacchiera tutta loro. Se hanno lasciato passare te, che eri un drago, nulla ha impedito loro di far entrare anche un'altra persona: la Valie Luinil.- Esordì, fermandosi per guardarla.

    -C'è qualcosa che non possiamo comprendere di questi capricci, ma qualcosa mi dice che potrebbero permettere allo stesso Manwe di venir a spadroneggiare in casa loro...O forse no.- Più ci pensava e più non riusciva a trovare filo logico nei desideri di quel Valar minori che si nascondevano dietro le meschine fattezze di divinità.

    Tornò quindi a sedersi sulla poltrona, accarezzandosi gli occhi, prima di rasserenarsi nel guardare lei.
    -L'importante è che tu stia bene ora, e che sei tranquilla. Mi hai fatto fare una corsa come un folle, ragazzaccia.- Sbuffò, ampliando di poco un sorriso.

    Non era cambiato poi molto, Lenwe, da quando la donna era entrata nella sua vita così prepotentemente. Anche se, qualcuno, avrebbe potuto asserire in segreto, che il Telero pareva più sereno e gentile.
     
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  11. Yuvon Lómelindë
     
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    Inarcò un sopracciglio alla prima battuta del consorte. Gli avrebbe tirato anche una ciabatta in faccia se non fosse stato un momento di precaria tranquillità. Non era arrabbiata, nella sua vita rare cose avevano il potere di farle perdere la calma, semplicemente aveva bisogno di tempo.
    Tempo per riflettere, per racimolare i ricordi, per far chiarezza e per riuscire ad informarsi meglio sulla sua condizione.

    Tirò un sorriso in risposta all'ultima frase di Lenwe, ringraziandolo mentalmente per quella premura. Si asciugò gli occhi e si sentì improvvisamente in colpa.

    - Mi dispiace, non volevo creare allarmismi di questo genere... Mi sono solo tanto spaventata -, rivelò tirando un profondo respiro, mentre la testa andò a pensare ai suoi figli.


    - Bisogna spiegare la cosa ai bambini, si...-, si alzò guardandosi intorno come a voler trovare una sorta di suggerimento nella mobilia, ma poi lo sguardo ricadde sul telero. Lui non lo sapeva, ma era da sempre stato uno scoglio per lei, una roccia ferma e solida sulla quale poteva aggrapparsi.
    Si avvicinò a lui, poggiando una mano fra i suoi ricci castani scuotendoli un po'.

    - Grazie per tutto quello che hai sempre fatto...-
     
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10 replies since 21/7/2019, 21:35   130 views
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