La quiete prima della vera tempesta

Monologo

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    Mordor

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    Fulmini e saette ruppero la quiete della notte, il fragore dei tuoni svegliarono bruscamente la fauna dormiente, improvvisamente colta dalla paura del cupo suono, e nere nubi in lontananza avanzavano con grande velocità, spinte dalla intensa forza del vento. Non ci volle molto tempo che una tempesta di grandi proporzioni oscurò gran parte del cielo precedente colmo di lucenti stelle e la splendente Luna a farne da sovrana. Ingenti quantità d’acqua bagnarono regni di svariati popoli, antiche foreste e terreni selvaggi ma soltanto i pochi abitanti della Notte si accorsero che involontariamente il temporale funse da barriera naturale ad un esercito intento ad avanzare, nascondendolo ad occhi curiosi e orecchie indiscrete. Silente esso si espanse e lungo vie e sentieri dimenticati si diramò a proprio piacimento ma rimembrando perfettamente il motivo della sua creazione e lo scopo della sua esistenza. Oscurità e malvagità lasciò lungo il cammino, intimorendo e impaurendo coloro che incrociavano il loro passaggio e verso Nord la loro avanzata proseguì, laddove una foresta a loro nota li avrebbe nuovamente accolti volente o nolente.

    All’orizzonte l’imponente selva apparve davanti allo sguardo dell’armata, il cui Generale sorrise beffardo nell’ammirare la sofferenza che ancora pativa, conseguenza del loro passaggio e invasione accaduta dieci anni or sono. Ed ora, davanti al loro dominio sottratto con la forza dall’antico popolo abitante, ricevettero l’opportunità di rivendicarsi nei confronti del loro acerrimo nemico e di compiere una missione di estrema importanza.

    Silenti corvi sostavano su gracili e secchi rami, occhi neri come la notte osservavano i movimenti della fauna sotto di loro, vigilando sulle prelibate prede e pregustandone il sapore. Alcuni di essi spiccarono il volo, intimoriti da una Paura mai provata, diversa da quella che solitamente il loro istinto animale li mette in guardia e l’artefice di tale repulsione li osservò incuriosito ma al contempo estasiato. All’orizzonte un alto ed imponente colle comparve, modificando la monotonia del paesaggio, e angusti ed oscure nubi sostavano su di esso, avvolgendolo di una oscurità senza eguali. Su di esso una tetra fortezza si mostrò possente davanti agli occhi dei presenti e un lungo ponte collegava il bosco al colle poiché un profondo baratro li divise, confine naturale tra i due domini.

    L’eccheggiar del suono del corno, suonato da un capitano dell’armata, svegliò gli abitanti della roccaforte e scie luminose si mossero in ogni direzione. Frenetici e laboriosi orchi si diressero verso l’entrata, emettendo grida e urla vari, frastuoni di svariate intensità, permettendo ai nuovi arrivati di addentrarsi nel cuore del bastione. Cunicoli, corridoi e piazzali si riempirono di quelle oscure creature, la cui presenza mise in soggezione gli altri servitori del Male, e il generale li lasciò liberi di scorrazzare a proprio piacimento, mentre si prefissò di proseguire il suo cammino verso anguste e macabre profondità. Gabbie, celle e attrezzi di tortura penzolavano sopra il suo capo, dondolati dal vento della tempesta che non smise per un istante di inzuppare d’acqua il terreno della oscura selva, ma i morenti e mutilati corpi giacenti a terra lo scosse dal profondo della sua anima ed instaurando il seme della vendetta.

    Proseguì il suo cammino fin quando un grido forzato e sofferente attirò la sua attenzione, si voltò di scatto e un soldato morente, appartenente al suo esercito, issò il braccio verso l’alto con la poca forza che gli rimaneva per esprimere la sua volonta di interagire con il suo Generale.

    << Chi ti ha fatto questo? >>

    Gli chiese osservando con profondo dolore la mutilazione che il suo corpo subì.

    << Un elfo...un elfo ha fatto irruzione e liberò il prigioniero...non siamo stati in grado di fermarlo ed è fuggito a Nord, verso il regno degli elfi...provammo ad inseguirlo ma perdemmo le sue tracce... >>

    Immane sforzo fisico il soldato dovette richiedere al suo corpo per poter rispondere agli ordini del suo Signore ma il quantitativo di sangue che fuori uscì dalla sua bocca lo soffocò e davanti allo sguardo del suo Generale morì, privandolo della sua vita. Sentendone il dovere di farlo, estrasse il pugnale elfico che segretamente teneva nascosto tra la sua armatura, e lentamente la lama tagliò la gola del defunto. In un baleno ciò che rimase del corpo fu un liquame maleodorante e da esso il Signore dell’armata di allontanò, facendo ritorno dai suoi Capitani.

    << Muklar! Otud! Jazur! >>

    Gridò a gran voce mentre spuntarono tra le orde dei guerrieri, spintondando e strattonando per farsi strada e giungere al cospetto del loro superiore.

    << Nel cuore della notte noi tre partitemo verso il Nuovo Reame Boscoso e attueremo il piano prestabilito. Rapiremo questo Miriel e lo condurremo al cospetto di Sauron. Il fallimento non ci è concesso e nessuno di noi tre dovrà morire. Gli altri terranno occupati eventuali intralci e possibili seccature. >>

    Tutti e tre, suoi umili e devoti servitori, accettarono gli ordini e la loro compostezza diede prova della loro fedeltà e lealtà non solo davanti al loro Generale ma anche di fronte al loro solo ed unico Signore e Creatore. Poco distante dalla loro postazione tre Caragor furono condotti all’entrata principale e i dovuti preparativi furono attuati dagli orchi in vista dell’imminente partenza. Infine la sinistra tranquillità e la macabra quiete tipica della fortezza prese il sopravvento per non destare inutili sospetti, un insonne malanno diventò all’apparenza invisibile o addirittura inesistente e attese l’imminente partenza, pregustando il desiderio di combattere contro i loro acerrimi nemici.
     
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