Capitolo 19 - Mirabile effige di potere e tenebra

Tratto da Tera

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    Il Ñoldor fu gettato brutalmente al suolo, mentre un gemito di sofferenza e prostrazione oltrepassava la tela del cappuccio, che avvolgeva in toto il capo di quest'ultimo.
    Di nobile lignaggio era quel Primogenito fra i figli di Eru, poiché il sangue nientemeno che di Curufin, figlio di Fëanor, mirabile creatore di inimitabili meraviglie, scorreva nelle sue vene.
    L'Elfo pareva avesse trascorso una lunga e serena vita dopo le vicende che sconvolsero Arda nelle prime sue Ere, senza approfittarsi in alcun modo della propria regale discendenza, rimanendo per lo più celato fra le genti di Finwë che decisero di rimanere a percorrere le strade della Terra di Mezzo e non fare ritorno alla beatitudine di Aman.

    Nel Forlindon, presso la corte di Gil Galad egli aveva a lungo vissuto, facendosi latore nei secoli di una grande sapienza nell'arte della manifattura, considerata oramai dai più perduta nel mito.
    Curumírdan era il nome del prostrato prigioniero, abile orafo era chiamato nella lingua degli Eldar, poiché per anni egli aveva studiato, con occhio bramoso d'apprendere, la somma maestria presso la forgia dell'avo in Valinor prima e del fratello minore Celebrimbor poi.
    Ora il nobile Elfo giaceva sul freddo pavimento d'ossidiana nera, disteso ai piedi di un tetro trono, all'interno della più oscura delle fortezza della Terra di Mezzo.
    Alcuni bruti orchi gaudenti, che avevano trasportato l'Eldar a forza fino a destinazione raggiunta, sbeffeggiavano quest'ultimo standogli attorno e ridacchiando fra un'offesa scagliata e l'altra.
    Con un'imboscata compiuta al confine delle contrade governate dal Signore supremo dei Noldor era stato fatto prigioniero il figlio di Curufin, dopo che la sua intera famiglia, dalla quale era accompagnato lungo il suo tragitto, era stata trucidata senza pietà alcuna.

    - Silenzio. - La voce della Figlia della Notte, colma d'autorità e maestà, risuonò possente nella grande sala. Udendo il comando della loro padrona, i luridi soldati si paralizzarono, impietriti dal timore di aver osato troppo con quel loro prendersi gioco del prigioniero.
    - Che il capo dell'Elfo sia scoperto. Ora. -
    Non un attimo fu perso dal plotone orchesco. Il viso sofferente di Curumírdan comparve d'improvviso; gli occhi blu come il topazio più puro contaminati da quello che doveva essere un'immane dolore. Tale dolore mutò, dunque, in profondo e oscuro terrore, nel momento in cui il Ñoldor comprese la natura di chi si trovava dinanzi.
    Non poteva egli conoscere la precisa identità della Dama Nera, tuttavia, avendo vissuto presso la beata città di Valinor, l'Eldar era divenuto in grado di riconoscere uno dei sommi spiriti immortali di Arda, quando lo aveva a portata di sguardo.
    Trascorsero alcuni attimi di completo silenzio, a seguito dei quali fu ordinato agli orchi di allontanarsi dalla stanza.

    Dal proprio tetro trono si levò la Figlia della Notte, avvicinandosi, infine, al nobile prigioniero che giaceva tremante ai piedi di quest'ultimo.
    Un sorriso che poteva parer di compassione comparve sul viso della consorte, nonché sorella di Melkor il Grande.
    Ella sapeva di poter finalmente portare a compimento ciò che nella sua nera mente da tempo era stato concepito.
    Fissò intensamente negli occhi l'Elfo la Signora della Discordia, mentre questi cercava di sottrarsi a tale empio sguardo, che nemmeno l'animo più risoluto avrebbe potuto reggere senza vacillare.
    - Non avere timore, mio tanto atteso ospite. - Di nuovo esordì la Dama Oscura, mentre con la propria mano accarezzava la guancia destra di colui che aveva dinanzi.
    - Il mio cuore è colmo di pura gioia , poiché a lungo ho desiderato di poterti ricevere nella mia casa, Curumírdan, figlio di Curufin. Tu che ultimo sei rimasto fra i grandi maestri artigiani Noldorin che furono, adepto e discendente di colui che creò i più meravigliosi manufatti che Arda poté contemplare nei tempi del mito. Infine pare che potrai eguagliare il tuo leggendario avo, ora che qui, al cospetto di colei che regnerà sul mondo a fianco del vero liberatore, viene a compiersi il fato per cui i tuoi occhi videro la luce. -

    Un ultima volta l'Elfo tentò di indietreggiare strisciando, serbando ancora nel proprio sguardo le limpide immagini della strage che gli aveva strappato ciò che di più caro possedeva.
    La Figlia della Notte, tuttavia, non concesse altro tempo al proprio interlocutore, poiché il cuore e la mente di costui oramai erano spezzati ed egli era pronto per essere investito dal potere della Regina di Mordor.
    Un'esplosione di oscurità si liberò nella grande e tetra sala, mentre le fattezze della Valie nera venivano a perdersi, per lasciare spazio alla vera essenza di quest'ultima: un globo di morte, vuoto e tenebra più buia della notte senza stelle.
    Il sortilegio di coercizione fu uno dei più complessi che la Dea dell'Inganno avesse mai compiuto, poiché ella aveva necessità di sottomettere completamente la volontà di Curumírdan, lasciando intatta, tuttavia, ogni altra dote che questi possedeva, prima fra tutte l'abilità di artigiano e orafo.
    Una sottile trama d'ombra avvolse la mente dell'Elfo, che rimaneva immobile in ginocchio; lo sguardo fissò dinanzi a sé, mentre l'empio potere di Tera Angiloth lo pervadeva.
    Tutto venne minuziosamente sostituito nel pensiero del Primogenito. Ogni immagine che potesse riportarlo alla consapevolezza della propria situazione venne eliminata. La Figlia della Notte non poteva, ovviamente, manipolare il tessuto della realtà concreta, tuttavia, ella era in grado di porre un velo dinanzi agli occhi di chi diveniva bersaglio delle di lei arti oscure.
    Attraverso tale filtro, i malcapitati percepivano e ricordavano illusioni, fino ad essere convinti di vivere una vita diversa da quella che in realtà potevano assaporare fino ad appena prima di essere colpiti dall'arcana maledizione della Dama nera.

    Fu così che il figlio di Curufin, alla conclusione del mirabile quanto terribile sortilegio d'ombra, fu convinto di trovarsi al cospetto di Aule, il Vala delle Forge.
    Presso la dimora di quest'ultimo in Valinor fu convinto di star abitando l'Eldar, poiché gran parte della memoria gli era stata sottratta dal tremendo potere della Figlia della Notte, la quale appariva al Noldor, in seguito a quell'empio rituale, sotto le sembianze di Aule stesso.
    Un sorriso di serena e sincera gioia comparve sul volto di Curumírdan, oramai incapace di riconoscere quale fosse la realtà del mondo; incapace di ricordare chi tanto aveva amato nella propria vita, nonché le tragedie che avevano sconvolto quest'ultima di recente.
    - Mio fedele discepolo e amico, - Esordì la Valie dell'Inganno, apparendo come il Signore fabbro di Aman nel rivolgersi a colui che aveva dinanzi.
    - il tempo di mostrarmi cosa hai appreso nell'osservare il mio divino martello è giunto. E' arrivato il giorno in cui l'abilità di tuo nonno verrà da te eguagliata, poiché immenso è divenuto il tuo sapere per quel che concerne l'arte di creare mirabili gioielli e preziosi artefatti. Avvicinati, dunque, alla mia forgia, primo fra i miei adepti e dimostra il tuo valore. -
    Di ammirazione e di orgoglio iniziarono a brillare fulgidi gli occhi di Curumírdan, mentre sotto quella tremenda coercizione si avviava verso un'imponente impianto da fabbro, per lui appositamente allestito dalla Signora Oscura.

    Per mesi interi il nobile mastro Elfo lavorò senza sosta alcuna; lasciandosi alle spalle i concetti di giorno e notte, completamente assorbito e coinvolto nell'atto creativo.
    Incapace di distogliersi dalla propria opera, il figlio di Curufin finì per consumare tutto il proprio vigore e tutto sé stesso dinanzi alla tetra forgia, mentre, massimamente compiaciuta, la Figlia della Notte lo osservava.
    Nulla rimase dell'Eldar alla fine del suo incommensurabile sforzo. Egli si accasciò un giorno al suolo, un sorriso di folle orgoglio dipinto sullo scarno e scheletrico suo volto, lasciando cadere al proprio fianco un oggetto di ignota natura.

    Ad esso si avvicinò la Valie Nera, per nulla preoccupata della sorte dell'autore di tale artefatto.
    La Dama della menzogna sollevò quest'ultimo da terra, esaminandone la natura.
    Curumírdan aveva infine scelto di creare un bracciale.
    Esso era più o meno lungo quanto l'avambraccio di un uomo adulto e prestante e pareva essere costituito di un materiale sconosciuto, probabilmente una nuova lega metallica, generata dal nipote di Feanor nella sua più pura follia.
    Perfetta nelle misure e nelle proporzioni pareva l'opera del maestro forgiatore.
    Tuttavia era la pietra rossa come il sangue incastonata al centro che rendeva l'artefatto unico nella sua bellezza travolgente e quasi divina.
    Essa risplendeva di vermigli riflessi, testimonianza dell'immortale sangue versato per la creazione di quel mirabile bracciale di re.
    La Figlia della Notte, pervasa da un'incommensurabile gioia, iniziò a ridere di gusto, mentre continuava a osservare quella creazione tanto semplice e solida, quanto incredibilmente magnifica e capace di sconvolgere l'anima di chiunque.

    Ma l'opera di Curumírdan non poteva dirsi conclusa, prima di aver ricevuto la benedizione della Signora della Discordia, sposa e sorella del Sire Oscuro e di Arda tutta Re.
    Fu così che la Valie Nera salì sulla sommità della torre oscura, dalla quale tutta la terra maledetta di Mordor risultava visibile.
    Cupi nubi di morte e disperazione si fecero sempre più fitte attorno alle guglie della fortezza, mentre un'empia voce si spandeva nell'aria circostante, possente e profonda, colma di autorità e volontà oscura, così travolgente da scuotere le fondamenta della terra stessa.
    Tutta la propria divina maestria impegnò la Figlia della Notte per compiere quell'ultimo atto.
    Mentre le parole di potere colmavano le lande circostanti, scritte di nero linguaggio presero a comparire sul bracciale creato dal figlio di Curufin, fino a che non circondarono il rubino centrale, come le spesse mura attorniano il forte sicuro.
    " Vincolo di coercizione, effige di sottomissione. Corruttore di anime, io ti battezzo. Tu che da mente sommamente sottomessa venisti generato, marchio d'Inganno e Discordia sii per la tua Regina. "
    Così recitava il tremendo e oscuro incantesimo, impresso per sempre sulla superficie di uno dei più mirabili artefatti che Arda avesse mai visto nascere.

    Tali parole di magia nessuno avrebbe potuto vedere, così decise la Valie, salvo chi la superasse in possanza fra gli abitanti della terra. Lo splendido oggetto, latore del volere della Signora dell'Inganno, avrebbe donato finta capacità di preveggenza a chiunque osasse indossarlo. Illusioni generate dalla Dama Nera, in realtà, avrebbero pervaso la mente di costui, rendendola malleabile e duttile agli influssi di quest'ultima. Inoltre brama di possesso e desiderio di potere sempre maggiori avrebbero colmato l'animo del portatore del bracciale, fino a corromperlo nella sua totalità. Ucciso avrebbe il possessore di quel malvagio artefatto, pur di non separarsene.

    Provata da quell'immane emanazione di volontà e potere, la Figlia della Notte riassunse forma di donna e per un'istante rimase a terra, mentre le tenebra attorno all'alta torre tornavano ad essere quelle di sempre.
    Qualche tempo avrebbe dovuto trascorrere prima che la consorte di Melkor potesse tornare ad utilizzare a pieno le proprie capacitò, poiché mai ella aveva trasferito una tale quota delle proprie oscure arti al di fuori di sé stessa e nel medesimo momento.
    Tuttavia la Dama dell'Inganno rideva e gioiva, poiché finalmente stringeva nelle proprie mani la chiave per corrompere il cuore e lo spirito dei figli di Eru in Arda tutta.
     
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