Una piccola visitatrice inattesa

Monologo

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  1. Nili Durin
     
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    Si compiacque del proprio operato, tenendo fra le mani un duplice filo d'erba finemente intrecciato dalle sue sapienti e piccole mani, che ne aveva prodotto un minuscolo anello, con un Myosotis proprio al centro con quel classico colore azzurro cielo. Ne osservò i minuscoli petali, quasi come se tenesse fra pollice e indice uno splendido diamante allo stato grezzo, incastonato in fili d'argento.
    L'immaginazione era sempre stata padrona della secondogenita dei Durin, accompagnandola fin da infante nei suoi passi sotto la montagna, nella foresta degli elfi ed infine sulle morbide spiagge delle Bianche Scogliere.

    -Non ti scordar di me.- Si disse, chiamando il fiore in quel gergo comune con il quale era conosciuto.
    Nili era sapiente in fatto di piante, funghi e quant'altro genere del mondo floristico come faunistico, avendo avuto tale privilegio d'esser allieva dell'Istaro più competente in tal campo. Di pizzi e argenti si dilettava, in quel sagrato c'era il mondo regale al quale apparteneva, portando nel segreto della sua anima tali conoscenze per se.

    Che gli altri s'arrangassero, s'arrabattassero in quell'ignoranza che li contraddistingueva, tenendoli all'oscuro della pregiata sapienza portata in cuore dalla principessa rinnegata.
    Non ti scordar di me. Pareva proprio aver raccolto e scelto come decorazione di quel ninnolo fasullo una perfetta dimostrazione della sua inconscia paura d'esser abbandonata.

    Racchiusa in quel vestito dai mille veli, merletto pregiato e candido, risaltava in ogni intarsio il bell'incarnato rosa della ragazza, come i stessi capelli di fuoco lasciati liberi sulle spalle coperte; pareva di porcellana, bambolina abbandonata su quella panca di pietra, in un giardino silente e addormentato, come il resto degli abitanti dei Monti Rossi.
    Pareva non aver freddo, Nili, nelle prime luci notturne, le quali l'avevano raccolta dal suo comodo letto insonne, trascinandola nell'unica oasi verde in tale abbietto mondo di pietra.
    Eppure l'inverno era alle porte, grigiume sottile a mietere i primi candori sui picchi lontani.

    Si mise al dito il fittizio operato di manine laboriose, guardandolo estasiata come una primula ai primi albori diurni, immaginandosi una felicità illusoria che non avrebbe mai raggiunto, in quella vita di tragiche rimostranze.
    Un rumore sottile la strappò alla sua illusione, raccogliendo l'attenzione dei suoi occhi in tempesta verso un fitto gruppo di cespugli; ancora si mossero alcuni rametti, dando conferma alla nanhobbit che si, qualcosa lì vi era.

    S'alzò con piccolo scatto, avvicinandosi a piedi nudi nell'erba verso il luogo designato. Un nuovo rumore le strappò un versetto sorpreso, quando questo fu accompagnato dalla comparsa d'una massa selvaggia che si palesò ai suoi occhi.
    Fu sorpresa quanto stupita di tale presenza, non reputando possibile la sua venuta in tale modo; che avesse vie nascoste dal quale sbucare? Un buco, un piccolo tunnel nella fortezza dei monti, nel quale strisciare?
    Eppure la volpe se ne stette lì, ferma immobile, in contemplazione di colei che, precedentemente, le aveva fasciato la zampa ferita.

    Storse di poco il capo, Nili, accucciandosi con le dovute premure di fronte all'animale dagli occhi smeraldini, apice di beltà nella sua regale posa.
    -E tu da dove sei saltata fuori? Non è posto per te, potrebbero prenderti per la tua bella coda o per la pelliccia morbida.- L'ammonì, ricevendo però dalla stessa un che di astuta noncuranza.
    Soppesò con infinita pazienza il canide selvaggio, mentre questo si mosse con pacata naturalezza per andarle più vicino, quel tanto che bastò per tendere la mano e sfiorarne il pelo finissimo del muso allungato.

    La volpe poi indietreggiò, non zoppicando nella sua andatura come la ragazza si sarebbe aspettata, vedendo lo stesso pezzo di stoffa usato per fasciarle la zampa dileguarsi ai suoi piedi, inutilizzabile.
    Lo raccolse, tenendosi in equilibrio sulle punte dei piedini scalzi, mentre la veste si depose intorno a lei con eleganza, in quell'atto di attesa.
    L'animale la guardò ancora per un paio di secondi ed infine sparì oltre il fogliame, senza che ci fosse null'altro fra loro.

    Nili s'alzò e provò a raggiungerla, ma quando superò i cespugli, cercandovi un pertugio che potesse dimostrare la via intrapresa dal canide, nulla. Solida roccia sotto le sue mani.
    Rimase intontita la Nanhobbit, soppesando a lungo la parete nel quale quell'animaletto molesto aveva tratto la sua fuga, ritirandosi infine di qualche passo. Non sapeva come reagire a tale prodigio indiscusso, se non di lasciarselo alle spalle e tornare sul proprio cammino verso l'ingresso del giardino.
    Fra le mani ancora quel ninnolo di fattura grezza e sempliciotta, creato dalle sue stesse dita, in una contemplazione plausibile.
    Pareva quasi che la volpe avesse raccolto il suo desiderio, il suo intrinseco pensiero di non essere abbandonata alle sabbie del tempo. O forse lei stessa si stava costruendo dei castelli in aria senza logica alcuna.

    Quando tornò verso le proprie stanze ebbe l'impressione d'esser seguita, ma anche nella ricerca alle sue spalle non ebbe frutto positivo, lasciandole un sapore dolciastro in bocca. La veste produceva un morbido sentore sulla sua pelle come nell'aria, un suono mite, che accompagnò i suoi passi fin nella camera a lei adibita, nel silenzio del castello.
    Ed eccola nuovamente quella costante sensazione, che le mostrò la realtà dei fatti nella complicità di sguardi con l'animale poc'anzi sparito.
    La volpe era lì, comodamente seduta sul materasso del suo letto, in attesa della padrona della stanza, visibilmente stupita di tale visione.
    S'avvicinò quatta quatta, con attenzione precisa, fino a che non si rese conto che lo stesso animale non aveva minima intenzione di rifuggire alle sue apprensioni.

    Non seppe come razionalizzare il pensiero, osservando il canide attenderla suadente, fino a che lei non fu seduta sul bordo del letto.
    Minuti incostanti si fecero strada in quel luogo di protezione, ma per la principessina fu quasi impercettibile il tempo, quasi come se davvero non stesse scandendo nessuna lancetta il flusso notturno.
    Raggiunse la conclusione che tutto fosse al suo posto, ora che Lei era lì, nel fulvio piacere di pelo, a muovere la coda impercettibilmente.
    L'accolse accanto a se con un tocco leggiadro e sorrise compiaciuta nel raggiungimento di tale obbiettivo.

    Nell'ardore di un nuovo incostante fuoco batteva il suo cuoricino, passando le dita su quel manto magnifico; lei era arrivata e da lì sarebbe stato un crescendo di fortuna.
    Ne era fortemente convinta.

    Edited by Nili Durin - 9/2/2020, 17:16
     
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