Tracce del male proseguendo verso il mare

Role Lithiel e Pallando

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    Erano trascorsi alcuni giorni dall’inizio del loro viaggio ed ormai il Forlindon era alle spalle; avvicinarsi al mare in quella stagione dell’anno non era così entusiasmante poiché i venti che spiravano da Sud erano freddi e Lithiel non amava le basse temperature, soprattutto dopo essersi abituata ai climi caldi dell’Harad.
    Il pensiero di ricongiungersi con Forthwald le dava però forza e sperava con tutte le sue forze di arrivare in tempo.
    Razionare le scorte di cibo non era un problema dato che mangiava come un uccellino e dopo la scorpacciata fatta in casa del vecchio pescatore non sentiva la necessità di riempire fino a scoppiare il piccolo stomaco; inoltre conservava con sé ancora qualche bacca essiccata e della frutta secca, quindi di tanto in tanto ne offriva alla propria saggia guida con il piacere di condividere tali riserve di energia.

    Aveva però difficoltà a dormire ed era comprensibile con tutti gli avvenimenti sconcertanti che le erano accaduti negli ultimi tempi: Pallando aveva confermato la possibilità che lei fosse una Maia ma il fatto che non avesse preso per tempo consapevolezza dei suoi poteri aveva causato la morte di Sahjir.
    Quel pensiero le aveva fatto versare lacrime silenziose nel cuore della notte, ma al tempo stesso era determinata ad apprendere quel nuovo aspetto di sé fino ad ora sconosciuto, perché un simile evento non capitasse in futuro.
    Talvolta faticava a ricordare che ora rispondeva al nome Feandra e che l’anziano mentore doveva restare per il mondo il vecchio pescatore Eberoth; si limitava pertanto a chiamarlo “nonnino” e per fortuna il fatto che spesso avesse la testa fra le nuvole giustificava il suo rispondere raramente quando Pallando la chiamava con il nome di quell’umana sconosciuta. Non aveva chiesto che fine avessero fatto i due in realtà, perché non era certa di volerlo scoprire, ma immaginava fosse un qualcosa di spiacevole.
    Anche quei loro spostamenti in sella a dei cavalli riportati in vita destava il suo sgomento perché riteneva che quegli animali avessero già visto in faccia la morte in battaglia e dover restare aggrappati alla vita a quel modo era crudele, sbagliato.
    Se solo avesse saputo controllare i suoi poteri, forse avrebbe potuto evitare tutto ciò.

    -Nonnino?-

    Lo chiamò quel giorno, sul calare della sera dopo essere scesa dal suo destriero.

    –Vorrei imparare a usare i miei poteri, almeno un poco. Forse è vero che questi cavalli non si stancano, ma la notte è fatta per dormire e il loro sole è calato da giorni. Loro non dormono e non mangiano. Sono rotti e non si aggiustano.-

    Guardò l’istaro con gli occhi verdi limpidi e apprensivi.

    -Forse potrei rendere il nostro tap-tap più normale se mi insegnassi almeno qualcosa. Sarò una brava allieva, sì sì!-

    Così dicendo si avvicinò all’anziano, intento a legare il proprio cavallo ad un albero e prese gentilmente una mano rugosa fra le proprie.

    -Per favore. Non sono stanca. E poi non servirà arrivare presto a Gondor se una volta arrivata non saprò come fermare i fiori.-

    Lei sapeva che quelle particolari infiorescenze non erano delle comuni piante velenose, ma un qualcosa di anomalo, perché mai ne aveva visti di simili. Eppure il mercato dei veleni era colmo di ogni possibile droga vegetale ed un fiore con particolari capacità sarebbe dovuto essere venduto in dosi ben centellinate ma certamente a caro prezzo poiché tanto raro.
    Invece nessuno sembrava conoscerlo e il fatto che avesse udito quella voce rendeva il tutto ancora più arcano e misterioso.
    Tuttavia quella storia non aveva solo aspetti negativi e Lithiel lo sapeva bene: poteva imparare tante nuove cose da quel viaggio e tante altre poteva insegnarne al suo nuovo amico. Per esempio, il fatto che fosse una degli Ainur significava che aveva dei veri fratelli e sorelle e questo apriva un volume immenso di quesiti.

    -Tu sai per caso se ci sono altri Maiar come me qui sulla Terra di Mezzo? E come potrei riconoscerli se mai ne incontrassi uno? Perché mi trovo qui e non a Valinor? Eh? Eeh?-

    La ragazza era un pozzo di domande e le esponeva ad un ritmo incalzante proprio per la sua grande voglia di sapere, di conoscere.
    Inoltre era super emozionata per altri fattori.
    Colma di entusiasmo corse verso di lui e fece una piccola piroetta su sé stessa, ritrovando in quella prospettiva uno sprizzo di energie vitali dopo l’estenuante cavalcata.
    Gli alberi erano secchi e spogli e la sera prometteva un incedere spettrale della notte ed un po’ l’atmosfera ricordava quella tetra che si era creata quando l’ombra dell’albero le aveva parlato chiedendole se volesse giocare; eppure lei non sembrava avere timore, non in quel momento.
    Ne aveva avuta tanta nel viaggio di andata, quando la voce la minacciava.
    Quando la Dama voleva uccidere lei e i suoi compagni; però ora non era sola.
    C’era Pallando con lei e non solo la stava conducendo lungo una via sicura con sapienza, ma sarebbe stato anche il suo mentore, così presto sarebbero arrivati a Gondor e lei avrebbe riabbracciato tutti i suoi amici.

    -Lo sai? Non vedo l’ora di dire a tutti quanti che il pericolo è scampato, soprattutto a Nerium! Ne sarà felicissimo! Era tanto triste quando ci siamo separati, perché Helbus non era con noi. Ma ora che la Dama non c’è più e non ci cerca per farci male potrà cercarlo e riabbracciarlo!-

    Battè le mani, gioiosa e quasi in estasi a quella prospettiva: per lei non vi era nulla di più bello che il calore di quella famiglia un po’ sgangherata che si era costituita attorno a lei, la sola che conoscesse.
    Era talmente gioiosa da non rendersi conto che quel percorso era familiare, dal momento che stavano percorrendo a ritroso la strada da lei intrapresa nell’allontanarsi dalla grotta in cui si era scontrata con la mate di Smaug; d’altronde allontanandosi da quei luoghi era ferita e disorientata e non aveva badato troppo ai sentieri attraverso i quali si era inerpicata guidata unicamente dal proprio istinto.
     
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    -Non credo che ti stia ponendo le giuste domande, Pallando!-

    Era il monito che gli rimbombava nella testa da diversi giorni. Il suono della voce non era il suo, però, ma del suo superiore: l’austero Ermes.
    Probabilmente dall’alto pinnacolo di Carn Dum quello stregone stava scrutando il loro cammino, avvertendolo di un potenziale pericolo che lui aveva intravisto e il Blu no.
    Ma era davvero così? Aveva ragione quella voce di Ermes?
    Erano giorni che quei due viaggiavano insieme e Pallando finora in quella ragazzina non aveva potuto notare nessun segno particolare, nessuna traccia che rappresentasse un pericolo per lui e per gli altri. Sembrava così innocente nella sua ingenua sbadataggine e gli sembrava quasi sbagliato poterla accusare di qualcosa o di essere qualcosa.
    Certo… come mai rientrasse nelle schiere dei Maiar non lo sapeva nemmeno Pallando, e forse era questo l’avvertimento di Ermes.
    Ci pensò bene durante quei giorni di viaggio perché avrebbe potuto legare mai la sua vita a questa ragazzina insegnandole per un lungo periodo di tempo le arti arcane? E sarebbe stato prudente renderla consapevole del suo arsenale interiore? Oppure sarebbe stato sciocco non fare nulla e lasciare che gli dèi le facessero vivere la sorte assegnata?
    Questi enigmi non erano così facili da sciogliere perché anche il non prendere una posizione rappresentava una scelta e forse quella più pericolosa. Quali garanzie avrebbe avuto, però, che avrebbe adoperato tali poteri in nome di ciò che è giusto? E se quella Dama avrebbe approfittato di questa nuova conoscenza di Lithiel per i suoi scopi?

    Era quasi sera ormai e Pallando aveva deciso di fermarsi per riposare, presto col buio sarebbe stato impossibile continuare il viaggio. Accese un caldo focolare e legò quegli infaticabili destrieri, quando, però, la manina della ragazzina e la sua vocina gli risvegliarono quel dubbio esistenziale che covava da tempo dentro di sé.
    La voce di Ermes improvvisamente gli rimbombò di nuovo ma stavolta con un nuovo messaggio:
    -Pare che tu abbia scelto! Metterai in moto degli eventi che presto patiremo tutti.-

    Di quale scelta si trattasse nemmeno Pallando l’aveva intuito, fatto sta che giunse il momento in cui Pallando le parlò:

    -Mia cara ragazza, non posso parlarti dei sacri spiriti di Valinor. Ciò che ti è stato riferito è un qualcosa che pochi eletti possono conoscere e tu non dovresti saperlo.
    Questi cavalli è vero che sono morti, ma sono stati uccisi! Non vedo sofferenza nel ridare quel po’ di vita che tali creature un tempo desideravano. Gli ho concesso l’opportunità di correre ancora senza fine quindi non c’è bisogno che tu intervenga su questo. Piuttosto perché non avvicini la tua manina a questo fuoco? Se sarai abile non ti scotterai!-

    Mentre illustrava alla ragazza come domare le fiamme si chiese nella sua mente se questa sarebbe stata la scelta di cui si sarebbe pentito. Lo chiese a Ermes ma non ricevette una risposta ma una visione di un incendio grandissimo. Percepì il calore, il dolore, e sentì in lontananza anche delle urla. Per lo spavento agitò la testa e strizzò gli occhi in modo da cacciare quell’orrore, e quando li riaprì vide Lithiel con una sfera di fuoco sul palmo della mano destra. Sorpreso lo stregone le si avvicinò e le esclamò:
    -Come ci sei riuscita? È eccezionale, ho chiuso un attimo gli occhi e tu già sei riuscita a entrare in sintonia con un elemento! Pare che il fuoco ti abbia scelta mia cara. Vedi gli elementi non li domiamo noi, sono loro che ci scelgono. Io per esempio non sono molto bravo a gestire le fiamme, però sono davvero eccezionale a dirigere un fulmine che sta nell’alto dei cieli.
    Ognuno stabilisce un’affinità principale con uno o più elementi, e per ora al fuoco hai risposto sorprendentemente. Nulla vieta che presto saprai controllare anche le correnti d’aria o il cuore della terra, perché in te alberga un dono eccezionale!-

    Si buttò a terra meravigliato da quel prestigio e accese la sua pipa assentandosi per un momento nei suoi pensieri. Osservò il profilo delle montagne sopra di sé e lo vide più frastagliato del solito, più ruvido e scosceso come se qualcosa gli fosse piombato sopra rompendo le cime acuminate. Non ci pensò troppo perché lo stupore della ragazza lo richiamò al presente e allora le chiese:

    -Dimmi, perché non mi racconti un po’ della tua vita nell’Harad? Io vi ho viaggiato a lungo tanto tempo fa e mi ricordo quell’immense foreste tropicali e quei disegni così lontani dai nostri. Com’era la vita nel tuo tempio? Parlami di questi tuoi amici e di ciò che facevate, e perché questa Dama ha distrutto la tua casa? E scusa, è vero sono molte domande, ma dimmi anche se sai qualcosa di questi fiori magici. Sono uno stregone e queste cose mi interessano molto.-
     
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    Lithiel venne investita dalle parole e dai borbottii dello stregone: le stava facendo una sorta di predica, che lei non capiva bene specialmente perché le sue intenzioni erano di aiutare l'anziano mentore il quale, da muto e pensieroso, aveva improvvisamente sciorinato un gran quantitativo di parole tutte d'un fiato.
    Però una cosa l'aveva compresa: doveva toccare il fuoco senza bruciarsi e per questo aveva una polvere speciale che una volta le aveva dato Tasso.
    Mentre Pallando era preso nelle sue congetture e pensieri se la spalmò sulle mani e afferrato un tizzone prese a giocarci tranquilla.
    Le sembrava però un po' strano; insomma, tanti nelle regioni dell'Harad sapevano fare le stesse cose che lei provava a fare ora.
    Lo guardò quindi un po' perplessa, grattando ila nuca sporcando di fuliggine la chioma rossa scarmigliata.
    Fu in quell'istante che una piccola scintilla sfuggita al suo controllo attecchì su una ciocca e lei gridò, nel panico.

    -Brucia! Brucia! Ahi-ahi-ahi!-

    Afferrò svelta un po' di terra e se la gettò sui capelli, uscendone totalmente sporca ma indenne.

    -Ma mi ha fatto male!-

    Protestò incrociando le braccia, offesa con un elemento che evidentemente non era davvero il suo.
    Andò a sedersi vicino a lui, facendosi tutta triste alle sue domande.

    -Nonnino, ho paura che a fare quel brutto brr che ha fatto cadere la mia casa sia stata io. Ricordi nella tua casetta, quando il mio cuore faceva bum bum perché eri arrabbiato? E se il tempio l'ho fatto cadere io, perché avevo paura?-

    Sospirò, sfiorando con la mano la corteccia di un albero, pensando a quanto le mancassero le grandi piante tropicali che il Blu le aveva riportato alla mente con i suoi discorsi.
    Chiuse gli occhi, immaginando il giardino botanico del tempio e tutte le sue meraviglie: riusciva quasi a immaginare i pappagalli variopinti cantare e sorrise pensando a quante volte lei e Forthwald avessero cercato farfalle e raganelle capaci di mimetizzarsi tra le grandi foglie.
    Quando aprì gli occhi l'albero non c'era più e al suo posto Lithiel aveva fatto crescere una pianta dalle foglie verdissime, rigogliosa e bella, con i suoi frutti succosi.

    -Mi manca il tempio, c'erano delle piante immense e io mi prendevo cura di loro. I miei amici, i confratelli di cui ti ho parlato non erano sempre con me, perché loro intraprendevano viaggi un po' dappertutto, per lavoro. Sahjir mi ha detto che commerciavano le spezie del giardino, ma dato che costavano molto capitava spesso che tornassero feriti e allora facevo loro da cerusico. Sahjir mi ha insegnato a meditare e... uhm... a leggere le rune! La Dama io non l'ho mai vista. Non c'era mai, ma tutti ne parlavano. Tutti dicevano che dovevano obbedire.-

    Si voltò, mordendosi il labbro.

    -A me però non piace obbedire se qualcosa é sbagliato...-

    Lithiel spesso si rifugiava in un mondo tutto suo ed era la pace ovattata quella che maggiormente apprezzava.

    -Il fiore dici? Era tutto nero. Somigliava a un paphiopedulum ma più scuro, più grraw e puzzava tanto. Come... come...-

    Sussurrò quelle ultime parole, quasi temendo di farle uscire dalla propria bocca.

    -Come di morte...-
     
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    -Sei una strana ragazza Feandra, lo sai? A volte sai davvero inquietarmi mettendomi in testa dei dubbi inestricabili, e tante altre volte ti dimostri una bellissima persona. Quello che rimane da scoprire è cosa sei veramente!
    Se uno spirito inquieto che fa crollare i templi col suo potere disordinato oppure la simpatica bambina che gioca col fuoco e si sporca i capelli!
    La scelta che prenderai sarà determinata soltanto dalle tue azioni e non dalle tue parole! Ma tu guardami... sto diventando un vecchio predicatore come Gandalf! Gli dèi mi salvino!-

    Continuò ad ascoltare la ragazza mentre gli raccontava della sua vita passata e di quel tempio tropicale. Sembrava davvero magnifico e con la sua empatia e i suoi ricordi riuscì davvero a figurarsi in mente gli uccelli, i colori e i fiori che gli stava descrivendo. Si ripromise ascoltando quel racconto che presto, quando tutto questo sarebbe finito, sarebbe tornato in quelle terre, magari proprio con lei e avrebbero rifondato il tempio.

    "Ma sentiti Pallando!" si disse dentro di sé "davvero vuoi legare la tua vita a questa ragazzina? Sei già tanto affezionato da programmarci il futuro insieme? Lei non ti appartiene, è solo di passaggio nella tua vita come in quella degli altri."

    Fece un profondo respiro e continuò a fumare la sua pipa. Vizio che aveva ripreso sempre in modo sempre più ossessivo negli ultimi tempi, o almeno da quando era stato liberato dalla sua possessione. Lo aiutava a calmare i nervi e a rimanere concentrato sui suoi obbiettivi, perché era nella natura dello stregone perdersi continuamente nei mondi dei pensieri.
    Non era un semplice avere la testa fra le nuvole, poiché Pallando acquisì da Lorien la grande capacità di percepire la mente di viaggiarvi senza mai stancarsi. Normalmente quando era solo viveva nella sua realtà autistica ma ora che era in compagnia non poteva permetterselo, e così tornò ala realtà ascoltando anche di questo fiore nero mortifero di cui il Blu non aveva mai sentito parlare in tutta la sua vita.

    -Sono un alchimista anche io, mia cara e non ho mai sentito parlare di questo fiore. Quanto a questo Dama esistono solo delle entità supreme e oscure che sanno risultare così coercitive e potenti, camuffandosi per dei in persona. Tali creature sono i draghi e uno di loro è stato avvistato proprio a Dale recentemente. Inizio a pensare che la nostra missione stia evolvendo in una trama che non avrei mai pensato di percorrere.
    Tale fiore forse è solo l'artificio magico che una creatura come quella può fare. Ma non devi temere! Conosco il modo di rivelare i draghi, perché questi tendono ad apparire sotto sembianze umane.
    Ma adesso basta continuare a parlarne. Non c'è bisogno di preoccuparsi, mettiamoci a mangiare qualcosa piuttosto.
    Ho raccolto un po' di queste erbe di campo nel nostro viaggio e le ho lasciate sbollentare un po', vedrai che accompagnate con questa selvaggina saranno squisite. Vieni, siediti anche tu e mettiamoci a mangiare. Cerchiamo di vivere attimi di spensieratezza anche in tempi così bui.-

    Lo stregone iniziò a mangiare e mentre lo faceva commentò umoristico l'esibizione della ragazza con il fuoco, non era stato un granché, è vero, ma il Blu era convinto che presto sarebbe riuscita a muovere il fuoco.

    -Beh, devo dire che neanche un piromante si sarebbe destreggiato così! Non sei stata molto convincente ma non demordere! Io ho visto che le fiamme si sarebbe piegate al tuo comando e so per certo di non sbagliarmi!-

    I due continuarono a conversare, Pallando continuò a fumare un po' finché non si fece notte e il sonno reclamò entrambi. Il mattino dopo i due si rimisero in marcia perché la loro meta ormai si faceva vicina.

    -Sai mi ricordo che la geografia del posto era un po' diversa l'ultima volta che sono stato qui. Non riesco a ritrovare il sentiero!-
     
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    Lei ascoltava le sue parole, annuendo piano: al tempio l'obbedienza doveva essere cieca mentre Pallando le diceva ora che le sue azioni potevano stabilire l'una o l'altra strada. Non sapeva bene se quella fosse la così detta libertà ma di certo non era semplice scegliere bene.
    Memorizzò meccanicamente il nome di Gandalf, catalogandolo come "vecchio predicatore", ponendo la propria domanda con dolcezza.

    -Ma io non sono così erudita da sapere come scegliere bene; e se poi mi sbaglio... sarei perduta?-

    Interrogava lui e sé stessa al medesimo tempo, provando a figurarsi in un'ottica futura in cui i suoi poteri avrebbero portato il caos: tale prospettiva la fece rabbrividire e tutta irrigidita dal timore Lithiel portò le braccia ad abbracciare le esili spalle in cerca di conforto.
    No, no.
    Così proprio non voleva diventare.

    Voltandosi verso il Blu lo vide con la pipa in mano e restò affascinata.

    -Il tuo narghilè é tutto rotto: manca un pezzo.-

    Non abituata a quello strumento per il fumo, diverso da quello a lei conosciuto, lo credeva danneggiato. Eppure il fumo lo faceva lo stesso.

    -Coff coff!-

    Infastidita dal fumo e dal suo odore particolare sventolò una mano davanti al naso, sperando di riuscire a cacciarne i vapori.
    Ignorava i pensieri del compagno di viaggio ma non era intimorita dal suo farsi pensoso e neppure nutriva giudizi negativi in tal senso: era abituata a vedere il suo maestro o i confratelli stessi racchiudersi in lunghe ed intricate meditazioni e lei sapeva quanto queste fossero importanti per districare i nodi a delle intricate matasse di pensieri confusi.
    Restò perciò tranquilla e in silenzio, in attesa, lisciando con la mano la corteccia dell'albero tropicale a cui aveva dato precedentemente vita.

    Il successivo pensiero a cui l'istaro diede voce le giunse anomalo ma in qualche modo familiare.
    "Draghi" erano delle creature di cui aveva letto su dei libri che di tanto in tanto le venivano recapitati da un donatore misterioso e tutti, tutti, parlavano di un drago dorato che abitava in una Montagna Solitaria.

    -Uhm... c'era una volta un drago a Erebor, più dorato delle tling tling! E gli piacevano le tling tling!-

    Riportò alla memoria le nozioni apprese su quella creatura, sostituendo il concetto di oro e monete con quella onomatopea.

    -Credo che il libro parlasse di un'arma nera, sì. Ma non ricordo bene. Però, nonnino. Se un drago é piccino come un umano non sarà che vuol vivere tranquillo?-

    Ci pensò su seriamente: perché mai un drago grande e grosso che poteva schiacciare gli umani piccini doveva diventare anche lui piccino, se non per camuffarsi e giocare con loro?

    -Magari vuole farsi degli amici e se tu gli dici che é un drago poi prende paura e si arrabbia, no?-

    Lithiel non aveva alcun motivo per voler ingannare Pallando ma stava dicendo delle cose innocenti e fuorvianti al tempo stesso proprio perché avevano un certo senso.

    -Che poi... Chi lo ha detto che i draghi si camuffano? Io non ne ho mai visto uno e quello di Dale non si camuffa a quanto dici. Allora forse é tutto sbagliato e c'é un qualche imbroglio!-

    Mise un piccolo broncio, dondolando i piedi a destra e sinistra stringendo fra le mani una coscia di lepre che presto fu seguita nel suo pancino da erbette amare che lei gustò con gioia.
    Rincuorata dal calore alla pancia, Lithiel dimenticò ben presto tutto quel discorso sulle grandi creature alate e ridendo e chiacchierando, dopo aver aiutato il suo nuovo mentore a pulire le scodelle di legno usate per il leggero desinare si accoccolò nella sua coperta.

    Trascorse alcuni minuti riportando alla mente frammenti di avventure e racconti letti in passato, storie di creature leggendarie e guerrieri formidabili che si erano battuti con destrezza e sentimento perché la giustizia non avesse la peggio; provò a riportarli con le dita sulla terra, ma tutto quel che alla fine incise furono segni senza un senso apparente, inghiottiti dalle ombre della notte.
    Osservando quella scena, celata a un istaro immerso nei meandri dei propri pensieri, la rossa intonava una filastrocca non troppo lontana da una ninna nanna nonostante le parole grottesche.

    Gioca, gioca il topolino
    così avrà un formaggino;
    Ma se il gatto é un gran mangione
    li divora in un boccone.


    La ripeté tante volte, una lenta nenia prima di crollare infine addormentata contro la corteccia: quando il giorno dopo si svegliò aveva i capelli più spettinati del solito.
    Il vestito era cadente sulla spalla e la fece pertanto rabbrividire nel freddo del mattino; sbadigliò ancora mezza assonnata e ci vollero parecchi minuti prima che ingranasse.
    In realtà era mezza assopita anche a cavallo, infatti la sua testa ondeggiava rischiando di farla cadere dalla sella da un momento all'altro.

    Poi il proprio cavallo si bloccò, dato che Eberoth sembrava indeciso e lei ebbe modo di sostare un poco in quel piacevole dormiveglia.
    Sembrava dormiente, per questo quando spalancò gli occhi di colpo e chiamò a gran voce Eberoth gli causò con probabilità una sincope per l'improvviso grido acuto.

    -Sbrigati nonnino, c'é qualcuno che sta male!-

    Lo ammonì, lanciandosi in avanti e proseguendo di qualche metro in sella al proprio cavallo, salvo poi bloccarsi impietrita quando fu innanzi a due corpi esanimi riversi in terra: entrambi nani, uno era solo un bambino dalla pelle chiara e i capelli scurissimi ma dai tratti stranieri che non appartenevano ad Arda.
    Tutte le attenzioni della rossa erano però rivolte al nano adulto: scese da cavallo e si avvicinò con una mano sul petto, bisbigliando intimorita il suo nome come se temesse di vederlo voltarsi di scatto verso di lei e gridare alla burla.
    Una pessima burla.

    -T...Tasso...?-

    S'inginocchiò, ignorando in un primo momento la carta dei tarocchi che teneva stretta nel pugno. Si protese invece verso di lui, con le braccia che premevano a circa un palmo di distanza dallo sterno, in corrispondenza del cuore, in un disperato tentativo di rianimare qualcuno che aveva abbandonato la vita già da molti tramonti ormai.

    -Tasso... svegliati Tasso... Andiamo, fammi cucù! Non mi arrabbio, promesso...-

    Mormorava, ma dentro lei si fece via via strada l'amara consapevolezza di quanto era accaduto, ragion per cui le lacrime iniziarono a pizzicarle gli occhi, malefiche.

    -Tasso? Tasso! Non puoi andare via quando ti ho trovato! TASSO!-

    Edited by Lithiel - 29/4/2020, 02:45
     
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    Alle urla della ragazza Pallando, che aveva appena stabilito quale sentiero seguire, si scapicollò per raggiungerla immediatamente, preoccupato che le fosse accaduto qualcosa. Poi arrivando lì e trovando quei morti capì che la sofferenza non era fisica ma emotiva.
    Vide due nani a terra ma non avevano l’aspetto dei nani delle montagne vicine, lo stregone riusciva a notare la differenza dei connotati e delle caratteristiche fisiche: provenivano da lontano.
    La ragazza pronunciò il nome di “Tasso” davvero singolare per un nano e intuì che forse anche quel nano era un suo compagno al tempio.
    Percependo tutto quel dolore pensò dentro di sé:

    “Sembrano moltiplicarsi le sciagure in quelle terre, chissà che cosa starai facendo Alatar…-

    La ragazza continuava a urlare quel nome terribilmente addolorata e il Blu le annunciò provando a calmarla:

    -Mia cara, come mi hai detto tu quando ci siamo visti è saggio lasciare che la sabbia ci scorra via dalle dita. Non possiamo tenercela in mano sempre perché non appartiene a noi ma alla spiaggia. Certo non erano proprio queste le tue parole perché ci ho riflettuto per molto tempo a riguardo, e mi sono uscite così.
    Non conosco questo nano e non so che legame avevate voi due, ma adesso alzati!
    Bisogna saper essere imperterriti anche mentre le onde più dure ci sferzano contro, solo in questo modo possiamo essere felici.-

    Quando la ragazza si spostò un poco dai cadaveri lo stregone con i suoi occhi antichi e scavati analizzò quei corpi per notarne ogni dettaglio, come se stesse eseguendo una rapida autopsia.
    Notò che entrambi erano stati uccisi, elemento che poteva apparire banale in prima analisi ma non tutti gli assassinii erano così scontati da capire.
    Spesso il modo stesso in cui giace un cadavere può indicare molte cose e la millenaria esperienza gliel’aveva fatto comprendere molto bene.
    Stavolta lo stregone notò un dettaglio che forse la stessa Lithiel aveva visto, ma per il dolore ignorato.

    L’anziano incantatore si chinò e raccolse con molto rispetto per quei corpi una carta ricca di simboli.
    Sorrise vedendola perché erano le stesse carte di quei folli cartomanti, quei ciarlatani che urlano sentenze di vita e di morte dietro a qualche bancone tutto agghindato.
    Quella era una carta da tarocchi eppure percepiva che in quel contesto rappresentava molto di più di un semplice simbolo.
    Sembrava un sortilegio, forse Gandalf o Saruman avrebbero saputo decifrare, l’arcano di questa morte.
    Eppure mentre la osservava vide dietro al dolore della giovane una specie di sorpresa nel rivedere qualcosa che già conosceva.

    -Ti è sfuggita di vista questa carta! Mi sembra una di quelle che usano quei maghi saltimbanco.
    Ne sai qualcosa? Possono venire dalla tua regione?-

    Poi mentre riguardava la scena e la carte gli venne un sospetto pauroso che gravemente domandò alla sua compagnia di viaggio:

    -È opera della Dama? Abbiamo davvero a che fare con la vendetta gelida e silenziosa di un drago?-
     
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    Lithiel provava un doloro profondo, qualcosa di estremamente fastidioso, graffiante come rabbia mescolato a cieca paura: percepiva attorno a quelle morti un alone tetro mistero, qualcosa di potente che le causava la pelle d'oca.
    Tra i singhiozzi provò a rispondere al Blu, cercando di non tremare.

    -Ma questa non era sabbia... era una pianta del mio giardino. Spettava a me coltivarla... É stato un uragano: un uragano ha portato via la mia povera piantina e guarda cosa ne ha fatto...-

    Verso tutti i confratelli provava un forte senso di possesso; se avesse saputo la verità sulla propria identità, tutto le sarebbe stato più chiaro. Ma quel tassello le mancava e non poteva dunque capire a cosa dovesse quella immensa gelosia.
    Fece un passo indietro, guardando in silenzio Pallando mentre lei pensava per conto suo che quella morte non aveva nulla di naturale.

    -Non sono stati uccisi da una lama; le loro pelli non presentano lividi o segni di sbang-bung e Tasso ha la sacca di ching piena. Non sono stati banditi, né animali.-

    Non sapeva nulla di quel bambino, ma Tasso lo conosceva bene.

    -No malattia. No veleno...- escluse certa, sapendo che il
    Nano godeva di ottima salute e che di certo non aveva incontrato la morte per colpa di una pianta matta: le conosceva a menadito.

    Quando il mentore le mostrò la carta, lei spalancò gli occhi: la riconosceva eccome, quante volte aveva visto Tasso con l'intero mazzo fra le mani, ponendo a forze sopra la mortale comprensione i propri interrogativi?
    Allora di nuovo la ragazza s'inginocchiò al suo fianco, frugando nelle sue tasche alla ricerca delle altre e quando le mani riemersero dal giacchetto, stringeva fra le dita gli ambiti tarocchi.

    -Questi non li troveresti da nessuna parte: li ha dipinti con le sue mani... Me li avrebbe dati quando sarei stata abbastanza brava da saperli leggere.-

    Spiegò, notando ora che era più calma e da quella posizione che Tasso teneva qualcosa fra le mani: un foglietto di pergamena, sporco e ormai quasi illeggibile, ma lei desiderava ugualmente provare a capirci qualcosa, perché forse in quel modo avrebbero scoperto qualcosa di più.

    -"Morte incombe"... "Ourin -gliato"... "Voria"? No, forse é una M, sì. E poi... Mmh, le altre parole non si capiscono.-

    In quel momento un bagliore colpì il suolo e Lithiel notò che insieme alla pergamena Tasso stringeva qualcos'altro ed allungò la mano per prenderlo timidamente.

    -Guarda, fa bling-bling...- era una piccola collana, con un ciondolo rotto che sembrava tanto una piccola zanna e quello che la giovane intendeva dire era che brillava: lei non sapeva che quello era Mithril, ma notò che sul retro vi erano delle rune naniche e forse uno di quella razza avrebbe saputo decifrarle.

    Poi, come un flash, ricordò le parole che Sahjir le aveva detto prima di morire.

    -Tasso stava cercando un Durin a Oltremare...- rivelò soprappensiero, certa tuttavia che non avesse assolto al compito: il tarocco che Pallando le aveva dato e cioè quello che il nano teneva fra le mani, indicava un fallimento.

    Sussultò alla domanda del nonnino, che la riportò al presente.

    -Io questo non lo so... ma non voglio che le intemperie gli facciano ancora del male.-

    L'istinto le diceva solo di proteggere il confratello, per questo gli carezzò teneramente la guancia irsuta e dal suolo iniziarono a spuntare piccole radici che s'intrecciarono sopra di lui a formare una pianta colma di fiori.

    -Non so come ho fatto ma... volevo solo che facesse dei ronf-ronf tranquilli.-

    Posò poi lo sguardo sul bambino, soppesando il da farsi.

    -Lui non possiamo lasciarlo qui: appartiene a Oltremare. Se vi é una barchetta, anche piccola, potresti incantarla per restituirlo al mare al di là del nostro? Sono sicura che ne sarebbe felice: i suoi resti non sono fatti per marcire sotto al caldo di queste lande ma per conservarsi nel gelo.-

    Guardò speranzosa il nonnino: in fondo aveva incantato due cavalli, non poteva essere così difficile fare lo stesso con una barchetta.
     
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    Ripensò tra sé e sé che forse Ermes aveva davvero ragione quando gli aveva parlato. Sentendo le parole della ragazza, Pallando iniziò a percepire delle strane sensazioni, e lo assalì, rimuginando, un'angosciosa ansia che gli faceva palpitare il cuore.
    Provò a fare disinvolto un profondo respiro nel tentativo di riequilibrare il battito, ma invano. La giovane Lithiel nella sua autopsia scovò molti più dettagli che Pallando finora aveva tralasciato per determinare la causa della morte: un maleficio.
    Decise di non stare subito a spiegare tutte le sue teorie e di ascoltare prima tutti i pensieri della giovane e quando finì Pallando provò a tirare qualche somma:

    -Quella non è Voria, ma è Moria un'antichissima e maestosa città nanica scavata nel cuore della terra. Si trova nei visceri di quelle montagne che tagliano l'Est e l'Ovest. E quella collana fammela vedere bene.... è fatta in puro materiale nanico. Si è po' scheggiata ma hai ragione riesce ancora a brillare ancora intensamente. Era da una vita terrena che non osservavo con i miei stessi occhi del Mithril. Si dice che non esista metallo o lega più resistente. Moria è la più grande miniera di questo materiale.
    E i Durin, beh, sono una famosa dinastia di nani, la più prodigiosa e fiera. Ma che rapporti può mai avere un nano delle tue lande, un convertito, un confratello, con Moria? E quale Durin oserebbe mai attraversare i mari della Terra di Mezzo per raggiungere gli altri continenti?
    C'è un qualche velo misterioso che avvolge te e tutti i tuoi confratelli. Anche questa Dama e questo genere di morti a cui sto assistendo, mi evocano solo spaventosi scenari!
    Io non so come tu abbia fatto a risvegliare la collera di un drago, ma ti stai avventurando sempre di più in un buio e intricato labirinto che, consapevolmente e malauguratamente, sto percorrendo anche io.
    Non so nulla di questo Tasso o di quest'altro ragazzo e sto iniziando a conoscerti da poco, non voglio che ci vedano qui con questi cadaveri o potrebbero accusarci di qualcosa! Adesso rimonta in sella e andiamocene via, prima abbandoniamo questo posto, meglio è!-

    Lo stregone inquietato e quindi visibilmente frustrato finì il suo discorso e rapido volse le spalle alla giovane Lithiel ancora vicina a quei corpi. Il Blu era arrivato quasi al suo destriero ma non sentendo i passi dietro della sua compagna di viaggio, capì che non si era mossa di lì.
    Arrabbiato allora si girò nuovamente e portò un pugno al fianco battendo il piede: tutti segni che si era spazientito.
    Poi, però, ecco che avvertì una strana energia permeare il terreno. Subito lo stregone corse verso la ragazzina per verificare cosa stesse accadendo, e fu così che vide con i suoi stessi occhi che dalle carezze di colei che ora chiamava Feandra, ma di cui non possedeva alcuna caratteristica, stavano uscendo radici e boccioli che avvolsero totalmente il nano.
    Inspiegabilmente quella ragazza aveva formato una bara di fiori per quel Tasso.

    Con un sentimento misto tra lo stupore e il terrore Pallando esclamò a quella visione:

    -Come hai fatto? Quale formula hai pronunciato? Non è possibile che tu sappia fare questo genere di magie! Ci vuole molto studio e disciplina per canalizzare questa energia!-

    E come se le sue parole fossero state totalmente ignorate ecco che rivolse il suo grazioso sguardo su quel ragazzo. Pallando s'immaginò che ora avrebbe ripetuto quella magia a cui stavolta, però, vi avrebbe potuto assistere in diretta. Ma non fu così che andarono le cose, anzi, stavolta chi doveva compiere qualche magia era solo Pallando. Che sebbene volesse chiarire la faccenda dell'incantesimo, non ebbe il cuore di ritirarsi indietro dal celebrare un funerale.

    -Io non conosco queste persone ma so che ti sono state care in vita e non mi sottrarrò dal celebrare un sacro rituale. Hai molte risposte da darmi mia cara, ma intanto usiamo questo tempo per dedicarlo ai defunti.-

    Vicino la riva non vi era niente, ma con un semplice gesto di mano Pallando fece risalire dalle profondità una piccola navigazione di legno. Dopo aver abbozzato un lieve sorriso, contento del suo prodigio, caricò con Lithiel quel corpo efebico sulla nave. E dopo averla decorata e riempita con tutti gli onori che spettano a un defunto recitò una solenne preghiera in Quenya.
    Alla fine del suo canto enunciò:

    -Possa tu raggiungere la fine che hai sempre desiderato!-
     
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    Ignara dei pensieri dubbiosi che l'Istaro nutriva verso di lei, la giovane sussurrò quel nome fra sé, poiché le suonava familiare.

    -Moria...-

    Ripeté soprappensiero Lithiel, il cui sguardo venne attraversato da una scintilla di stupore nel ricordare chi lo avesse menzionato.

    -A Moria c'é Gimli! É un Durin, sì sì! Anche Tasso lo conosce! Forse possiamo chiedere a lui cosa vuol dire quella collana e cosa fanno i Durin nelle terre marine quando avremo finito a Gondor. E a Dale. È vicina a Moria Dale?-

    Invero si stava chiedendo per quale ragione i confratelli mantenessero tanti segreti; il mondo che le avevano mostrato pullulava di meraviglie e lei credeva fosse anche puro.
    Credeva in quella visione dei giardini tropicali, fioriti, dalle variopinte forme sgargianti e abitati da strani animali esotici.
    Non sapeva quali nidi di serpente vi fossero nelle fondamenta, quanta malvagità, quali oscure trame.
    Lei con i confratelli era stata davvero felice perché davanti a lei si erano mostrati come normali condottieri e non come sicari privi di scrupoli. Le due cose erano in realtà due facce della medesima medaglia, poiché tutti loro erano stati un tempo persone affidabili, come Gimli e Forthwald e manipolati nel tempo da Krèin avevano perso la retta via compiendo azioni che supponevano essere volte a un bene superiore in realtà inesistente, precipitando in spire maligne.

    Rifletté comunque sulle parole di Pallando e tutto quello che ebbe di sensato da ridire fu accompagnato da un visino mogio.

    -Io non lo so se la Dama é davvero un drago. Pochi dei confratelli hanno avuto il privilegio di vederla e dicono fosse wow-wow! Ma la donna che diceva di esserlo era cattiva, mi ha fatto cose brutte e se era davvero un drago ce l'aveva con me perché non ho fatto quello che voleva, così ha detto. "Stupida" diceva e "Ingrata". E altre cose che non voglio ridire a un nonnino, ti verrebbe il crepacuore. Ma non sono stupida e neppure ingrata, solo non mi va di fare cose cattive.-

    Fece una piccola pausa e strinse i pugni, determinata.

    -I veleni non sono cattivi. Se usati bene possono curare certe malattie brutte! Quei fiori... forse anche loro possono curare qualcosa se li osservo bene. Sono sicura che non sono malvagi di per sé ma che era l'uso che ne faceva lei ad essere bieco.-

    Convinta delle proprie parole, fu comunque colta da una buona dose di sconforto alle parole di Pallando: non voleva percorrere un labirinto buio e intricato.
    Lei era una ragazza che amava la semplicità e il buio le faceva uno strano effetto dopo lo scherzo dell'albero: la rendeva inquieta.
    Tremò perfino mentre il compagno di viaggio le gridava dietro e solo il pensiero della pace meritata da Tasso le donò quel poco di tranquillità necessaria a immaginare l'albero che poi plasmò.
    Di nuovo Pallando le parve adirato e anche un po' allarmato da quella dote improvvisamente dimostrata; lei non sapeva come aveva fatto e questo suo lato di sé la spaventò terribilmente.
    Lei aveva qualcosa di sbagliato?
    E se la Dama avesse avuto ragione?

    Osservò l'operato del Blu senza fiatare, chiedendosi cosa fosse quella sensazione che le attorcigliava lo stomaco in una morsa facendola rabbrividire.
    Era paura forse?
    Ma perché? Il nonnino era suo amico, quindi non le avrebbe fatto del male...
    Era buono...
    Come un lampo le tornò in mente quel momento minaccioso, nella palafitta e calde lacrime le solcarono il viso.

    Fortunatamente il rituale stava avendo luogo e quel momentaneo attimo di tristezza l'altro lo avrebbe certamente imputato al momento funerario ed un briciolo di commozione.
    Ma Lithiel piangeva silenziosa non per l'anima spezzata di quel bambino, bensì per la propria che sentiva più in bilico che mai.

    -FINE-
     
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